
Gli Ermellini hanno dovuto risolvere un caso molto complesso che vedeva contrapposti il comune di Cesenatico e una società a cui un imprenditore (poi fallito) aveva ceduto il credito vantato nei confronti dell'ente locale in virtù di un contratto d'appalto. Il comune contestava l'opponibilità della cessione del credito in quanto non sarebbero stati osservati i requisiti di forma previsti dagli articoli 69 e 70 del rd 2440/1923. Una tesi a cui hanno aderito prima il tribunale di Forlì e poi la Corte d'appello di Bologna e che trae origine proprio dalla giurisprudenza della Cassazione. Gli Ermellini hanno sempre ritenuto le norme del rd 2440/1923 una eccezione al principio civilistico della cedibilità dei crediti anche in assenza del consenso del debitore ceduto (art. 1260 cod. civ.). E la ratio della deroga sarebbe stata l'esigenza di «conservare i crediti, derivanti dai contratti relativi all'esecuzione di opere pubbliche, nel patrimonio dell'appaltatore, rendendo inopponibili all'amministrazione gli atti di disposizione non compiuti senza la sua adesione».
Ma con la sentenza in esame, la Corte ha dovuto dare una risposta a un quesito su cui finora non era mai stata chiamata a pronunciarsi. Le norme restrittive previste dal rd del 1923 si applicano per analogia anche agli enti locali? La Cassazione ha risposto di no. «Esaminando la giurisprudenza di questa Corte», scrivono i giudici di legittimità, «si rileva che da essa non è dato evincere una motivata affermazione che la disciplina della cessione di crediti verso lo stato, dettata dall'art. 69, comma 3, del rd n.2440 del 1923 sia riferibile alla p.a. nel suo complesso (enti territoriali compresi)». «Ne consegue», ha concluso la Corte, «che il disposto dell'art.69, comma 3 del rd 2440/1923, specificamente riguardante l'amministrazione statale, non era direttamente applicabile alla fattispecie in esame, in mancanza di un esplicito richiamo della norma nell'ordinamento degli enti locali».
A conferma della bontà di questa linea interpretativa gli Ermellini hanno citato una sentenza del 2002 delle sezioni unite che si sono pronunciate su un altro comma dell'art.69, il sesto, in materia di fermo amministrativo. Anche questa disposizione (in base alla quale un'amministrazione dello stato, che abbia ragioni di credito a qualsiasi titolo verso soggetti debitori della p.a., può chiedere la sospensione del pagamento di queste somme ndr) è stata riferita esclusivamente alle amministrazioni centrali.
Sulla base di queste considerazioni, la Corte ha cassato la sentenza di appello, rinviando la causa alla Corte d'appello di Bologna.