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Pena confermata anche se cade l'aggravante

del 07/08/2013
di: di Dario Ferrara
Pena confermata anche se cade l'aggravante
Il giudice di appello può confermare la pena inflitta in primo grado anche se esclude un'aggravante o riconosce un'ulteriore attenuante in accoglimento di un motivo di gravame dell'imputato. A patto, però, che risulti motivata in modo adeguato la sua decisione che ribadisce l'equivalenza fra le circostanze residue: in tal caso non si configura violazione del divieto di reformatio in peius. Lo stabiliscono le Sezioni unite penali della Cassazione con la sentenza 33752/13, pubblicata il 2 agosto, che risolve un contrasto giurisprudenziale.

Somma algebrica. Accolto il ricorso dell'imputato: la sentenza impugnata è annullata con rinvio solo sul giudizio di comparazione tra le circostanze. Deve escludersi che il giudice di secondo grado il quale, per esempio, esclude una aggravante sia comunque vincolato a un esito più favorevole all'imputato che ha proposto il motivo ad hoc, pena la violazione del principio di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 597 cpp. In effetti l'obbligo di corrispondente diminuzione della pena di cui al comma 4 riguarda soltanto l'accoglimento dell'appello dell'imputato che riguarda circostanze o reati concorrenti, cioè ipotesi che sono interessate da un metodo di calcolo che comporta mere operazioni «algebriche», di aggiunta o di eliminazione di entità autonome di pena rispetto alla pena-base. Ma non c'è accenno a ipotesi che invece implicano un vero giudizio di comparazione.

Spazio autonomo. In sintesi: il giudice d'appello è libero di esercitare entro i confini del devolutum i suoi poteri di cognizione con ampia libertà di motivazione. Senza dimenticare che il giudizio di comparazione delle circostanze ha una natura autonoma e discrezionale, tanto che non sempre si attribuisce un peso quantitativamente apprezzabile a ogni elemento considerato. Né si può accettare la sussistenza di una presunzione assoluta che imponga un giudizio più favorevole perché altrimenti si finirebbe per equiparare in modo irragionevole casi eterogenei: insomma, bisogna riconoscere al giudice d'appello uno spazio deliberativo autonomo.

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