
- Tempo massimo. Ai fini del condono edilizio, ricordano i giudici, l'opera da assoggettare è identificabile se l'immobile risulta già eseguito, sia pure al rustico in tutte le sue strutture essenziali, fra le quali devono essere comprese le tamponature che sono necessarie per stabilire la relativa volumetria e la sagoma esterna. In questo caso sono i tecnici del comune a inchiodare l'artigiano che ha chiesto il colpo di spugna fuori tempo massimo: per dimostrare il completamento dell'edificio entro la data prevista dalla legge, in alternativa alla dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio, l'operatore economico avrebbe dovuto produrre documentazione con data certa, per esempio le fatture e le bolle di accompagnamento dei materiali necessari per la realizzazione dell'opera. Ma non lo ha fatto e trova ingresso il ricorso dell'ente locale.
- Urgenza esclusa. Sbaglia ancora il Tar quando sostiene che il comune abbia torto nel negare all'immobile il documento che attesta l'abitabilità-agibilità: il rilascio del certificato risulta, infatti, condizionato non soltanto alla salubrità degli ambienti, ma anche alla conformità edilizia dell'opera. E l'artigiano non ha presentato la documentazione prescritta dall'articolo 4 del dpr 425/94, necessaria anche nel caso di condono edilizio. L'errore dell'amministrazione sta invece nel provvedimento che chiude l'esercizio, laddove l'ordinanza del sindaco può essere emessa unicamente per situazioni contingibili e urgenti che comportano rischi per la collettività. E non è il caso della bottega (mezza) abusiva.
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