
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l'ordinanza n. 15986 del 25 giugno 2013, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate. In altre parole neppure in famiglia sono tollerate da parte dell'amministrazione finanziaria delle operazioni sospette.
La sesta sezione – T ha, infatti, ribaltato il verdetto della Ctr che aveva considerato legittimo l'accordo fra padre e figli nel senso di conferire a questi la disponibilità della sua azienda mediante un contratto di affitto. Infatti, l'interpretazione del contratto a tali fini fiscali, volta a stabilire se i negozi o i redditi siano soggetti alla esatta imposizione, deve avvenire con criteri diversi da quelli utilizzabili a scopi civilistici, nel senso che deve attribuire rilievo preminente agli effetti dei negozi stessi e alla necessità di prevenire frodi e abusi. Del resto, in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici. Ora la Cassazione ha scritto la parola fine alla vicenda perché ha deciso nel merito respingendo il ricorso introduttivo dei due figli.