Un'impresa su cinque non è in grado di recuperare l'Iva sulle spese sostenute all'estero. È l'allarme lanciato dall'Ocse dopo aver analizzato i risultati di un'inchiesta condotta su 300 imprese attive a livello internazionale. Il 21% del campione analizzato dagli esperti di Parigi ha dichiarato di non essere in grado di ottenere i rimborsi dell'Imposta sul valore aggiunto versata al di fuori del proprio paese nell'ambito delle spese sostenute per lo sviluppo del proprio business. Ma quali sono le ragioni di questo? Secondo le rilevazioni dell'Ocse, la ragione starebbe nelle politiche e nelle procedure presenti sullo scacchiere internazionale che di fatto impediscono il recupero dell'Iva da parte di aziende straniere. Per il 67% delle imprese intervistate, infatti, le autorità fiscali estere presentano procedure troppo difficoltose per il recupero dell'imposta che di fatto obbligano le aziende a non avviare nemmeno le pratiche per ottenere i rimborsi. Ma esiste anche una ragione molto più inquietante, messa in luce da oltre la metà (55%) degli imprenditori raggiunti dall'indagine dell'Ocse: le autorità fiscali straniere, alla fine delle pratiche, trovano sempre qualche cavillo per non rimborsare quanto dovuto. Tanto vale, allora, non intraprendere nemmeno la lunga trafila di incartamenti in lingua straniera che dovrebbero portare al recupero dell'Iva. Tanto più che nella maggior parte dei casi si tratta di importi davvero poco rilevanti. Almeno stando alle risposte del 51% del campione, mentre per il 45% i costi di recupero risultano troppo onerosi se paragonati agli importi da recuperare. Per il 48,8% degli intervistati, l'importo dell'Iva versata all'estero e iscritta a bilancio come un costo sostenuto dall'azienda è inferiore ai 100 mila dollari l'anno, mentre il restante 51,2% si è mostrato più toccato dal problema, dovendo dire addio ogni esercizio a un ammontare di Iva non recuperata superiore ai 100 mila dollari. Che nel 25,3% dei casi sale addirittura al di sopra del milione. Ma quali sono le spese aziendali a cui va attribuita nella maggioranza dei casi, la responsabilità dell'Iva estera mai più recuperata? Per il 91% delle imprese si tratta di spese di viaggio come alberghi, ristoranti, taxi, noleggio auto e carburante. L'organizzazione di conferenze, seminari, la partecipazione a fiere e corsi di aggiornamento costituiscono le voci di spesa indicate dal 76% del campione come i principali responsabili del buco di bilancio relativo al mancato recupero dell'Iva, mentre soltanto il 33% delle imprese ha dichiarato perdite sull'imposta legate all'acquisto di materie prime o semilavorati al di fuori dei confini nazionali. Questa situazione ha fatto sì che il 50% delle imprese decidesse di interrompere la formulazione dei rimborsi sull'Iva versata oltreconfine. E questo, a causa dello scarso valore dell'imposta da recuperare e dell'eccessiva difficoltà di gestione delle pratiche per il rimborso. Basti pensare che un'impresa su due ha fatto sapere che le spese sostenute per ottenere il beneficio della restituzione dell'Iva versata all'estero hanno pesato per quasi il 50% del totale dell'imposta recuperata.