
Le questioni
impugnate
Le questioni impugnate dal Governo sono state diverse e tutte cassate dal Giudice delle leggi, con eccezione della norma la quale prevede la necessità di dimostrare la conoscenza della lingua italiana per i titolari delle imprese artigiane di prodotti alimentari che consentono il consumo immediato nei locali dell'azienda. In sostanza, chi intende aprire una pizzeria al taglio, cucina cinese, kebab e via dicendo, se non conosce la lingua italiana, a meno che presenti specifica certificazione che attesta il contrario, deve dimostrare di aver frequentato, con esito positivo, un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare o per la somministrazione di alimenti. La Consulta non ha accolto il ricorso del Governo su tale questione, perché ha ritenuto l'inesistenza della discriminazione nei confronti degli stranieri, tenuto conto che il medesimo corso viene richiesto a chiunque intende aprire un supermercato alimentare o un bar. Ma alla Corte, forse, è sfuggito il fatto che ai cittadini italiani che operano nel medesimo settore artigiano non è richiesto alcunché.
No ai corsi obbligati
È stata, invece, cassata la disposizione regionale che impone uno specifico corso chi vuole aprire un centro massaggi, cinese o thailandese, tanto per intenderci. La Corte costituzionale ha contestato il fatto che la Regione Lombardia ha ridisciplinato la definizione dell'attività di estetica, prevista dalla della legge regionale n. 3 del 2012, invadendo la competenza statale. Ciò in quanto ha previsto che ogni attività che comporti prestazioni, trattamenti e manipolazioni sulla superficie del corpo umano, compresi i massaggi estetici e rilassanti, è da considerarsi attività di estetica; a meno che l'interessato non sia iscritto al registro previsto dalla legge regionale 2/2005 relativa alle discipline bio-naturali. Sta di fatto che l'iscrizione in tale registro presuppone, comunque, uno specifico percorso formativo riconosciuto dalla Regione in base a criteri definiti da un comitato tecnico scientifico. A tale proposito, peraltro, la Corte ha anche rilevato che, a suo tempo, il Governo non aveva impugnato la legge relativa alle discipline bio-naturali, ma ciò non toglie che alla regione non può essere riconosciuto il diritto di ridefinire le specifiche professionalità.
Attività
di somministrazione
Il Giudice delle leggi ha, infine, dichiarato cassata la disposizione che prevede la dimostrazione della professionalità per l'attività commerciale e di somministrazione, prevista dall'art. 71 del dlgs 59/2010. La Regione Lombardia aveva previsto che, oltre che dall'iscrizione all'Inps, doveva essere dimostrata anche l'attestazione degli adempimenti contributivi minimi imposti da parte della previdenza sociale nazionale. La questione non riguarda soltanto i cittadini stranieri, ha osservato la Consulta, ma comunque al legislatore regionale non è consentito richiamare ed utilizzare del tutto impropriamente istituti tipici di previdenza sociale, congegnati dallo Stato (nell'esercizio della sua competenza esclusiva) per soddisfare altre finalità.
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