Le aziende condannate a pagare le sanzioni antitrust non possono dedurle dalle imposte. A questa conclusione è giunta la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 5050 del 3 marzo 2010, ha respinto il ricorso della Sony spa. In particolare la società era stata destinataria di un provvedimento con il quale veniva sanzionata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato per circa mezzo milione di euro. Somma che la multinazionale aveva dedotto. Ma subito era scattato l'accertamento da parte del fisco. Contro l'atto impositivo la contribuente aveva fatto ricorso ai giudici di merito che, però, lo avevano bocciato. Poi il ricorso in Cassazione. La sezione tributaria lo ha respinto spiegando che «le sanzioni inflitte dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, non possono essere detratte. Tale detrazione infatti neutralizzerebbe interamente la “ratio” punitiva della penalità, trasformandola in un risparmio d'imposta, cioè un premio per le imprese che abbiano agito in violazione delle norme antitrust». Non solo. La decisione della Suprema corte con la quale è stata anche respinta la domanda di rimettere ai giudici d'Oltralpe la questione, si basa essenzialmente sulla natura delle sanzioni antitrust. Queste, infatti, «possono essere inflitte sia attraverso una decisione della Commissione Ue che dall'Autorità nazionale Garante della concorrenza, nel diritto nazionale la sanzione non viene definita come ammenda perché tale dizione nel nostro sistema giuridico si riferisce ad un illecito penale, mentre nella specie la sanzione pecuniaria ha natura palesemente amministrativa». Insomma queste sanzioni non si collegano «strettamente al reddito né dell'anno in cui la violazione si è verificata né a quello degli esercizi precedenti, tanto da poter essere qualificata come sopravvenienza passiva. Infatti perché ciò si verifichi è necessario che il ricavo abbia concorso a formare il reddito nell'esercizio di competenza ovvero che si riferisca con sicurezza a ricavi che abbiano concorso a formare il reddito in precedenti esercizi mentre nell'esercizio precedente, potrebbe non essersi verificato alcun incremento dei ricavi, nonostante l'illecito». Ciò significa che il riferimento (variabile) al 10% dei ricavi dell'esercizio precedente a quello in cui si è verificata la violazione da parte dell'azienda costituisce soltanto un parametro per determinare la misura della sanzione, la quale non va ad incidere su un incremento di reddito, che potrebbe non esservi stato, ma ha soltanto funzione affittiva e deflativa, in funzione di deterrente di futuri possibili analoghi illeciti.