
Lo afferma la Corte di cassazione nell'ordinanza n. 7781/2013, in cancelleria dallo scorso 27 marzo, cassando una sentenza della Ctr Lazio con rinvio della causa ad altra sezione della commissione. Nel caso trattato, i giudici d'appello laziali avevano deciso nel merito una controversia il cui esito era legato, inscindibilmente, alla definizione di un altro procedimento tributario, ancora pendente, che ne rappresentava il presupposto logico-giuridico. In queste situazioni, chiarisce Piazza Cavour, il giudice tributario adito deve necessariamente sospendere i giudizi «dipendenti», in attesa di definizione del giudizio principale. «In ordine ai rapporti tra processi tributari trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 295 cpc», ragion per cui, afferma la Corte, «la sospensione necessaria del processo tributario è ammissibile anche al di fuori dei casi contenuti nelle previsioni limitative dell'articolo 39 del dlgs 546/92 (querela di falso e accertamento di capacità processuale), poiché tale disposizione non esclude l'applicazione della norma generale del codice di rito (cpc)».
Il chiarimento della Cassazione risolve un contrasto esistente tra i vari orientamenti e indica la via da seguire nei casi, ad esempio, dei ricorsi proposti dalla società e dai soci di una srl «a base ristretta», in cui i redditi accertati in capo all'ente vengono imputati pro-quota ai soci in virtù di una presunzione ormai consolidata. Il procedimento tributario instaurato dal socio è in rapporto di interdipendenza logico-giuridica con quello proposto dalla società, dacché l'annullamento della verifica nei confronti di quest'ultima invaliderebbe il presupposto impositivo vantato nei confronti della persona fisica (se non ci sono più utili extra-bilancio non può di certo esservi distribuzione degli stessi). Secondo un orientamento seguito da alcune commissioni di merito, i giudizi di società e socio devono essere riuniti in litisconsorzio; in altri casi, invece, si è sostenuto (su parere dell'Agenzia delle entrate) che i ricorsi dei soci vivessero di vita propria, ben potendo continuare a esistere anche in caso di annullamento dell'accertamento della società. Gli Ermellini risolvono il dilemma, con la pronuncia in commento, stabilendo invece che il processo «dipendente» debba essere necessariamente sospeso, applicando l'articolo 295 del cpc, in attesa di definitività del processo «principale».