
Questo il principio sancito dalla norma di comportamento n. 177, dalla Commissione norme di comportamento e di comune interpretazione in materia tributaria, dell'Associazione italiana dottori commercialisti (Aidc).
Come indicato nella massima dell'indirizzo richiamato, le spese di vitto, alloggio e viaggio (cosiddette «spese di ospitalità») finalizzate ad una migliore economicità della gestione degli affari dell'impresa, ancorché sostenute a favore di soggetti diversi dai clienti, quali fornitori, agenti, procacciatori ecc., soggiacciono alle regole di detrazione ai fini Iva, di cui al comma 1, dell'art. 19, dpr n. 633/1972 e di deduzione, di cui all'articolo 109, dpr n. 917/1986 (Tuir). Per quanto concerne il trattamento tributario delle spese di rappresentanza si deve necessariamente far riferimento alle disposizioni contenute nell'articolo 108 del Tuir e della lettera h), comma 1, dell'articolo 19 del decreto Iva che dispongono, rispettivamente, sulle condizioni di deducibilità ai fini dell'imposizione diretta e sull'indetraibilità dell'Iva. Un ulteriore provvedimento, necessario ai fini del corretto inquadramento di dette spese e che ne condiziona la deducibilità, è il decreto 19/11/2008 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15/11/2009 n. 11) che ha attuato le disposizioni di cui al comma 2, dell'articolo 108 del Tuir, nella parte in cui si dispone che le spese di rappresentanza sono deducibili nel rispetto di determinati requisiti specificatamente stabiliti. Superando, in questa sede, l'analisi della ormai consacrata differenza tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità, il decreto attuativo appena richiamato ha disposto che le prime devono essere caratterizzate dalla gratuità (inesistenza di un obbligo di fare, non fare, permettere o dare a carico del beneficiario), dalla presenza di finalità promozionali tese a consolidare l'immagine dell'impresa o di pubbliche relazioni tese a consolidare un'immagine positiva della stessa impresa, nel rispetto di criteri ragionevoli e funzionali al realizzo di benefici (rectius ricavi) in capo all'impresa.
Peraltro, sul tema della coerenza con gli usi e le pratiche commerciali del settore di appartenenza, alternativa al criterio della ragionevolezza, è intervenuta anche l'Agenzia delle entrate, con apposito documento di prassi (cm n. 34/2009), che ha affermato come si debba valutare l'idoneità della spesa a generare ricavi d'impresa, per dimostrare l'esistenza di tale requisito ai fini della deducibilità fiscale della spesa di rappresentanza; ma il documento dell'associazione si sofferma, in particolare, sul trattamento tributario delle spese di «ospitalità», sostenute anche a favore di soggetti terzi, rispetto ai clienti.
Sul tema, preliminarmente, viene ricordato che il decreto attuativo ha escluso dal novero delle spese di rappresentanza quelle spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasioni di particolari manifestazioni (mostre, fiere, esposizioni, visite a sedi e stabilimenti ecc.) che non debbono essere considerate tali, ai sensi del comma 5, dell'art. 1, decreto 19/11/2008.
In seconda battuta, il documento evidenzia la presenza di ben tre tipi di spese di ospitalità ovvero quelle riferibili al comma 5, dell'articolo 1 del decreto attuativo, quelle sostenute a favore di soggetti «non» clienti e quelle non qualificabili in nessuna delle due citate fattispecie. Di conseguenza viene evidenziato che le spese di questo genere (ospitalità), sostenute a favore di soggetti terzi, non possono rientrare tra quelle non qualificabili di rappresentanza, di cui al comma 5, dell'art. 1, restando inquadrabili proprio come spese di rappresentanza, di cui al comma 1, dell'art. 1 del medesimo decreto attuativo, con la necessità di non automatizzare la deducibilità o l'indeducibilità dell'erogazione, ancorché gratuita, ma di valutarne il trattamento tributario nel rispetto dei principi generali di determinazione del reddito d'impresa, di cui all'art. 109 del Tuir (inerenza) e dell'Iva, di cui al citato comma 1, art. 19 del decreto istitutivo.
Da ciò consegue che, in presenza di spese sostenute per l'ospitalità di fornitori, di agenti e procacciatori o di altri operatori coinvolti nell'attività imprenditoriale, destinate a migliorare la gestione degli affari (sottoscrizione contratti, meeting organizzativi ecc.), nel rispetto dei principi di inerenza e correlazione, le stesse risultano detraibili ai fini Iva e deducibili ai fini della determinazione del reddito, mentre le stesse sono qualificabili come spese di rappresentanza e come tali trattate ai fini fiscali, se destinate a fornire esclusivamente un'immagine positiva dell'impresa.