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Contitolarità dello studio? Il giudice va ko

del 04/03/2010
di: Antonio G. Paladino
Contitolarità dello studio? Il giudice va ko
Basta la sola contitolarità di uno studio di consulenza tributaria, anche se in concreto poi non viene esercitata, a mandare in soffitta la funzione di giudice tributario. Infatti, stante il preciso disposto dell'articolo 8 del dlgs n. 545/1992, la dichiarazione di esercitare, solo nominalmente, qualsiasi forma di assistenza o consulenza tributaria, si configura di per sé come un indizio idoneo a offuscare l'immagine di imparzialità e terzietà del giudice.

Lo ha precisato il Consiglio di stato nel testo della recente decisione n. 1183/2010 con la quale ha ulteriormente fissato i paletti al corretto svolgimento del delicato compito di magistrato tributario. Nei fatti oggetto del giudizio, un giudice tributario lombardo veniva sollevato dall'incarico perché solo contitolare di uno studio associato svolgente l'attività di consulenza tributaria, ancorché esercitata dal altri professionisti. Il Tar lombardo accoglieva il ricorso, condannando anche l'amministrazione finanziaria alla corresponsione degli emolumenti fissi non goduti nel periodo di sospensione, sulla base del principio secondo il quale «per ravvisare l'incompatibilità, occorre che l'attività sia realizzata direttamente dall'interessato quale libero professionista».

Ma il collegio di palazzo Spada ha sovvertito questa conclusione del giudice di prime cure. Accogliendo le doglianze proposte in appello dal ministero dell'economia, ha rilevato che la con titolarità di studio associato «compromette l'immagine di terzietà e di indipendenza del giudice» e questo anche sotto il profilo dell'apparenza.

Infatti, ha proseguito il collegio, le disposizioni recate dall'articolo 8 del dlgs n545/92 sono chiare. Qualsiasi forma di consulenza o di assistenza tributaria è incompatibile con la carica di giudice tributario, anche se esercitata nella forma di associazione professionale, in quanto configura un «indizio idoneo a offuscare l'immagine di imparzialità e terzietà da ogni possibile sospetto». A tal fine, è irrilevante che necessiti una concreta verifica in merito al suo contenuto qualitativo o in merito alla continuità nel suo svolgimento che possano mettere a repentaglio la terzietà e l'indipendenza del giudice. Infatti, come ha sottolineato il collegio amministrativo richiamando a tal fine propria giurisprudenza (su tutte Cons. di stato n. 1478/2009), questa verifica è propria solo degli istituti della ricusazione e dell'astensione del giudice.

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