
Riprovazione esclusa. Bocciato il ricorso del marito che reclamava l'addebito a carico dell'ex moglie settantenne: la signora ha gettato la spugna dopo una vita di amarezze accanto al marito. I giudici con l'ermellino non hanno dubbi: nessuno può essere obbligato a mantenere una convivenza che non è più gradita, mentre disimpegnarsi costituisce un diritto garantito dalla Costituzione e dunque non può essere fonte della causa di addebito, che rappresenta un indice di riprovazione da parte dell'ordinamento giuridico.
Nessuna responsabilità. La separazione personale è stata svincolata dalla colpa di uno dei coniugi fin dalla riforma del diritto di famiglia introdotta nel lontano 1975. Dopo le prime interpretazioni restrittive, oggi la giurisprudenza di legittimità ritiene che basti la disaffezione spirituale di uno solo dei coniugi per far scattare la separazione: il matrimonio può continuare solo con l'incoercibile consenso di entrambi. Ora la Suprema corte valuta l'impossibilità di proseguire la convivenza su di un piano soggettivo e non più oggettivo: l'intollerabilità va considerata «un fatto psicologico del tutto individuale», che va ricondotto al contesto interno alla vita dei coniugi oltre che alla sensibilità e alla formazione culturale dell'individuo.
Consenso imprescindibile. A prescindere dell'eventuale addebito, il giudice deve verificare se in una delle parti si verifica quel distacco sentimentale dell'altro che lo legittima a ottenere la separazione. E nel nostro caso il magistrato così fa: pesano a favore della moglie che se ne andata di casa una pregressa separazione poi rientrata, indice di rapporti già tesi, e soprattutto la sua stessa età avanzata, sintomo di una decisione maturata negli anni e formalizzata in un periodo della vita in cui di solito si tende a stringersi ai propri cari, invece che ad allontanarsene. Anche le testimonianze dei congiunti tornano utili: la sorella della signora andata via di casa dopo tanti anni spiega al giudice che la donna non si sentiva abbastanza «rispettata da suo marito». Insomma: non serve portare la prova di vessazioni e umiliazioni. Ognuno per la sua strada, dunque, e nessun «colpevole».
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