
Congedo straordinario. Il congedo in esame è quello cosiddetto straordinario, previsto all'articolo 42 del T.u. maternità (dlgs n. 151/2001), che spetta al coniuge di soggetto con handicap grave ovvero, nell'ordine, al padre o alla madre anche adottivi, a uno dei figli conviventi oppure a uno dei fratelli o sorelle conviventi, nelle ipotesi di mancanza, decesso o invalidità del soggetto avente diritto più prossimo al disabile (nell'ordine indicato). Durante la fruizione del congedo il lavoratore ha diritto a percepire un'indennità pari all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative, e il periodo è coperto da contribuzione figurativa. Indennità e contribuzione figurativa spettano fino a 46.836 euro annui per il congedo di durata annuale (importo valido per l'anno 2013, rivalutato annualmente in base all'Istat).
I chiarimenti. La funzione pubblica, prima di tutto, fa presente che già con circolare n. 1/2012 aveva spiegato che i «periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di tredicesima, ferie, trattamento di fine rapporto e trattamenti di fine servizio, ma, essendo coperti da contribuzione, sono validi ai fini del calcolo dell'anzianità». Ciò sta a significare, precisa ora, che il periodo di congedo deve essere riconosciuto utile sia ai fini dell'anzianità di servizio valevole per raggiungere il diritto a pensione che per la misura stessa della pensione. Tuttavia, poiché si tratta di diritti scaturenti dall'istituto della contribuzione figurativa, praticamente trovano validità soltanto per i lavoratori del settore privato, atteso che per i pubblici dipendenti la contribuzione è connessa alla retribuzione effettivamente versata dal datore di lavoro. Lo stesso congedo, invece, è previsto che non sia computabile nell'anzianità di servizio, laddove per anzianità di servizio non si intende quella ai fini previdenziali. In conclusione, i periodi di fruizione del congedo straordinario sono validi ai fini pensionistici, ma non ai fini della progressione economica. Tale conclusione, aggiunge la Funzione pubblica, è confermata dalla considerazione che, di regola, i periodi rilevanti ai fini delle progressioni economiche presuppongono un'attività lavorativa effettivamente svolta, situazione che non ricorre nel momento in cui il dipendente usufruisce del congedo.