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Bluff: cambi di residenza lampo, ancora fermi

del 15/01/2013
di: di Francesco Cerisano
Bluff: cambi di residenza lampo, ancora fermi
Cambi di residenza in tempo reale ancora fermi al palo. A distanza di otto mesi dall'entrata in vigore in pompa magna della norma che avrebbe dovuto semplificare i flussi migratori nel paese e velocizzarne gli effetti giuridici, Roma e Milano (le due principali città italiane verso cui si registra il maggior numero di richieste di residenza) non sono ancora riuscite ad adeguare i propri sistemi informativi alla novità del decreto semplificazioni (dl n. 5/2012) approvato nello scorso mese di aprile dal governo Monti. E l'elenco delle riforme incompiute in materia di p.a. messo in fila da ItaliaOggi Sette di questa settimana va ad arricchirsi di nuove occasioni sprecate.

La possibilità di effettuare l'iscrizione anagrafica nel nuovo comune entro due giorni dalla presentazione della dichiarazione di residenza (con effetti giuridici immediati) era stata pubblicizzata come una riforma di portata epocale. Il cambio di residenza, infatti, da status riconosciuto da parte della p.a. solo a seguito di attente verifiche, è diventato quasi un diritto, che gli enti locali devono riconoscere subito ai cittadini, salvo poi effettuare gli opportuni controlli nel termine di 90 giorni.

Alla prova dei fatti, però, la circolarità anagrafica ha lasciato parecchio a desiderare (l'inadempienza da parte di Roma e Milano ha rappresentato un pesante fardello per l'implementazione della procedura), e là dove ha funzionato ha prodotto effetti distorti evidentemente sottostimati dal governo dei professori.

Si pensi al caso dell'Imu. Mai come quest'anno, fanno notare i tecnici di Anusca, l'associazione che unisce gli ufficiali di stato civile, gli italiani hanno inoltrato domande di trasferimento di residenza verso i comuni dove possiedono seconde case. La finalità è evidente: trasformare la casa vacanza (salassata un po' dappertutto dall'aliquota del 10,6 per mille) in abitazione principale e quindi pagare meno Imu.

La riforma del governo Monti, secondo Anusca, ha semplificato la vita ai pendolari dell'Imu che hanno ottenuto subito il cambio di residenza lasciando alle amministrazioni comunali l'onere di dimostrarne la natura fittizia.

E la stessa cosa è accaduta al turismo elettorale (lo spostamento da una città all'altra o da una circoscrizione all'altra per favorire questo o quel candidato) che rischia di essere corroborato dall'assenza di controlli a priori. E anche dall'assenza di sanzioni.

Il decreto semplificazioni (art. 5) prevede che in caso di dichiarazioni non corrispondenti al vero, l'ufficiale di anagrafe inoltri una segnalazione all'autorità di pubblica sicurezza. Peccato però che ad oggi non vi sia traccia del regolamento attuativo che il ministero dell'interno avrebbe dovuto emanare per disciplinare le ipotesi di dichiarazioni mendaci.

Ma l'elenco delle occasioni mancate non finisce qui. Prendiamo per esempio il dl salva-enti locali (dl 174/2012) che nella versione uscita dal consiglio dei ministri prevedeva il ripristino dei controlli preventivi di legittimità sugli atti delle regioni da parte della Corte dei conti. Peccato che poi, nel corso del cammino parlamentare, il decreto sia stato molto edulcorato e le verifiche dei magistrati contabili limitate al solo esame dei bilanci preventivi e consuntivi. Che in soldoni significa intervenire a chiudere i recinti quando i buoi sono scappati.

La delibera della Corte conti Lombardia (n. 501 del 27/11/2012) sulla Finanziaria regionale 2013 (si veda ItaliaOggi del 10/1/2013) è stata una delle prime a passare ai raggi X i conti regionali in attuazione del decreto. E già sono emerse le prime irregolarità, come per esempio il tentativo della giunta dimissionaria guidata da Roberto Formigoni di aumentare da 7 a 9 euro il valore dei buoni pasto giornalieri nonostante i tagli imposti dalla spending review. La Corte si è limitata a segnalare le «notevoli criticità» prodotte dall'aumento dei ticket, ma non ha potuto fare altro.

Le cose non vanno meglio spostando l'attenzione sui comuni e le province. Entro il 10 gennaio gli enti locali avrebbero dovuto approvare il regolamento per attuare la riforma dei controlli interni, anch'essa contenuta nel dl 174. Per gli enti inadempienti il provvedimento prevede la diffida da parte del prefetto e addirittura lo scioglimento in caso di perdurante inerzia. Come dire, il governo fa sul serio. E invece? Secondo la Corte conti ad adempiere non sarà stato più del 10% degli enti. E le prefetture hanno già fatto partire le prime diffide.

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