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Una lite fiscale lunga 30 anni, colpa del contribuente

del 03/01/2013
di: di Valerio Stroppa
Una lite fiscale lunga 30 anni, colpa del contribuente
Può una lite fiscale durare trent'anni e poi dover ricominciare da capo? Sì, se in mezzo ci sono errori del contribuente, imprecisioni dell'ufficio, una mezza dozzina di sentenze non sempre tempestive e due condoni negati. Nel secondo caso da parte dello stesso ufficio che lo aveva ritenuto ammissibile. La storia è quella di un contribuente pugliese, un medico otorino raggiunto all'inizio degli anni 80 da una contestazione del fisco ai fini Irpef: i redditi per l'attività professionale venivano rettificati di circa 18 milioni di vecchie lire per l'anno 1981 (con sanzione di 6,5 milioni) e di 20 milioni per il 1982 (con sanzione di quasi 8 milioni di lire). Il contribuente, osservando di essere all'epoca dei fatti aiuto (e non primario) e di svolgere l'attività solo in forma saltuaria, impugnava tempestivamente gli accertamenti. Nel 1987 la commissione tributaria di 1° grado di Brindisi accoglieva i ricorsi, dichiarando nulle le pretese erariali per difetto di motivazione e mancanza di elementi probatori. La Ct di 2° grado pugliese confermava il verdetto nel 1989, ma un anno dopo l'amministrazione finanziaria sottoponeva la questione alla commissione tributaria centrale. A quel punto la vicenda subiva un lungo stop, durato ben otto anni. Solo nel marzo 1998, cioè a quasi vent'anni dai fatti contestati, la Ctc decideva in materia, ribaltando il giudizio di 2° grado. Secondo i giudici della Centrale, infatti, gli accertamenti erano adeguatamente motivati, ma gli importi ricostruiti dal fisco non erano corretti. Era quindi necessario rideterminare la pretesa. Da qui il rinvio alla commissione regionale della Puglia (divenuta nel frattempo Ctr dopo la riforma della giurisdizione tributaria del 1992…). Ma a settembre 1998 il contribuente adiva la Corte di cassazione per l'annullamento della decisione della Ctc, nelle more del giudizio di rinvio alla Ctr (mai avvenuto, peraltro). Ma è qui che la storia si complica ulteriormente. La legge n. 289/2002 concedeva infatti la possibilità del condono tombale, anche con riferimento alle liti pendenti con il fisco. Il contribuente decideva quindi di avvalersi della Finanziaria 2003, versando il 10% del valore delle controversie relative ai due anni contestati (circa 750 euro). Credendo, in questo modo, di aver chiuso definitivamente la propria vertenza con il fisco. Nell'agosto 2005, però, l'Ufficio di Brindisi notificava gli atti di diniego del condono, ritenendo insufficienti le somme versate. Secondo le Entrate, la percentuale esatta da versare, alla luce dell'iter giudiziale dei procedimenti, era pari al 30% (cioè 2.200 euro circa). Da qui un nuovo ricorso per cassazione contro i provvedimenti di diniego di definizione agevolata. Con sentenza del marzo 2006 la Suprema corte rigettava il ricorso e, riunita la causa con quella avanzata nel 1998, confermava la sentenza della Ctc (che aveva disposto il rinvio alla Ctr, mai avvenuto). Nel frattempo, nell'estate 2011, veniva introdotta un'ulteriore sanatoria delle liti fiscali pendenti alla data del 1° maggio 2011 di importo fino a 20 mila euro. Strada che veniva percorsa dal contribuente, dopo aver ricevuto conferma da parte dell'Agenzia delle entrate sull'applicabilità della sanatoria. Salvo scoprire nel settembre 2012 che l'ufficio aveva nuovamente disconosciuto il «mini-condono», in quanto la lite non risultava più pendente. La sezione distaccata di Lecce della Ctr Puglia, infatti, nel marzo 2011 aveva dichiarato inammissibile la riassunzione della causa perché la Cassazione non aveva disposto alcun rinvio. Ma il deposito della decisione era avvenuto solo nel settembre 2011. Motivo del diniego: quando l'Agenzia aveva prospettato la possibilità della definizione ai sensi del dl n. 98/2011, l'ufficio non era a conoscenza dell'avvenuto deposito della sentenza definitiva. Ora la palla torna di nuovo ai giudici di primo grado. Nelle settimane scorse il contribuente, difeso dall'avvocato Maurizio Villani di Lecce, ha depositato presso la Ctp di Brindisi i ricorsi contro i nuovi provvedimenti di diniego.

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