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Il redditest cambia il metodo di accertamento

del 06/12/2012
di: La Redazione
Il redditest cambia il metodo di accertamento
All'indomani della messa a punto, da parte dell'Agenzia delle entrate, del nuovo redditometro e del «redditest», il programma che permette di valutare la coerenza tra il proprio reddito e le spese sostenute, abbiamo chiesto un'opinione ad alcuni consulenti di Ancit. I pareri emersi sono molti e di diverso indirizzo. Vediamone alcuni.

Luigi Pessina, presidente: il nuovo redditometro, che basa i suoi fondamenti sull'effettiva spesa sostenuta dal contribuente e non, come il vecchio, su calcoli empirici, rappresenta certamente una favorevole evoluzione dell'accertamento induttivo.

Per una questione morale di giustizia sociale ritengo corretto che debba essere il contribuente, a fronte di contestazione dell'Amministrazione, a dover spiegare in che modo abbia provveduto alla propria «provvista reddituale» per far fronte al tenore di vita mantenuto.

Il «redditest» messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate deve avere la funzione di auto-analisi, anche se costringerà il cittadino a mantenere registrazioni e tracce di ogni spesa sostenuta, costringendolo de-facto a tenere una contabilità familiare. Se poi le notizie apparse sulla stampa in merito alle agevolazioni fiscali che potrebbero ricadere sul cittadino che conserva ed esibisce a richiesta gli scontrini fiscali delle spese sostenute, dovessero trasformarsi in norma, ci troveremmo davvero di fronte a una «contabilità casalinga». In altri paesi accade da tempo e nessuno ne fa un dramma ma la mentalità italiana è molto più... mediterranea.

Raffaella Firpo, vicepresidente: Personalmente pur non condividendo la filosofia e la tecnica usata per questo strumento, che mi auguro sia sì un deterrente, ma non un'ulteriore modo per affondare la nave del popolo italiano, ritengo che il mio dovere professionale sia aiutare il cliente ad affrontare questo test con un impatto positivo ovvero pensando che, nel caso in cui il tenore di vita del cliente non risulti coerente con il proprio reddito (la cosiddetta fascia rossa), abbia comunque i mezzi necessari per dimostrare per ogni spesa quale sia la fonte di apporto relativa. Infatti, a tal proposito, sapendo che questo strumento sarebbe entrato in funzione già da molto tempo, ho sollecitato tutti a tenere una sorta di agenda giornaliera delle entrate uscite personali, supportate, ove necessario, da idonei documenti per difendersi in sede di eventuale contraddittorio .

Lorenza Ratti, vicepresidente: Il redditest è un elenco di domande a cui rispondere per avere o meno la congruità tra le entrate e le uscite delle famiglie. Personalmente, lo ritengo un test che mette a dura prova l'utente. Non tanto per i dati che deve inserire, ma perché ci si sente «figli di un Dio minore». La Privacy è solo sulla carta, i nostri conti corrente sono super esposti, senza parlare di tutte le spese con carta di credito o assegni o bonifici. Possiamo solo fare la spesa del sabato col contante, nelle bancarelle «dal produttore al consumatore».

Bene: se la trasparenza fosse per tutti e se veramente tutti fossimo controllati a dovere, non ci sarebbero i buchi nei bilanci dei partiti e non ci sarebbero neppure soggetti con decine di incarichi e ci sarebbe anche la voglia di spendere con maggiore saggezza e parsimonia i soldi degli altri. È chiaro che non mi sto riferendo ai pensionati o ai cassintegrati.

Qualcuno crede ancora alle favole? Io non ci credo più da molto tempo. Anzi, sono certa che chi ha i veri capitali non sia assolutamente preoccupato dal Redditest.

Giacomo Spampinato, consigliere nazionale: Questo strumento dell'amministrazione fiscale italiana fa leva su un elemento nuovo, diverso, e cioè una rinnovata consapevolezza del contribuente che qualcosa non funziona nel rapporto personale con il fisco. Se questo strumento rende consapevole il contribuente, secondo il mio parere è cosa positiva, con la speranza che poi lo stesso riesca a dimostrare di non essere evasore. Dalle mie prime valutazioni, se una famiglia ha un reddito, diciamo basso, ma spende qualcosa (e questo ovviamente accade) oltre ai consumi di auto e casa, è probabile che esca un valore anomalo. Una simile segnalazione, se recepita anche dall'Agenzia delle entrate, può portare a situazioni dolorose per il contribuente.

Il problema quindi non è lo strumento, ma il fatto che alcune spese nella vita di ciascun individuo non sono o non possono essere sempre documentate in maniera precisa, e questo perché, eliminando fatti evasivi od illeciti, con il denaro ognuno ci può fare cosa vuole.

Daniele Filetti, consigliere nazionale: la famiglia, il vero ammortizzatore sociale di questa società, la colonna portante dell'economia italiana, non è affatto amata dal nostro fisco, certamente non è sostenuta, ma sempre penalizzata. Nel redditometro troviamo conferma di questa amara constatazione, con l'inserimento come indicatore di redditività delle spese di istruzione: avere figli dovrebbe essere incentivato e sostenuto (come ci insegna la Francia, per citare un paese statalista), invece ancora una volta, di fatto, si invita a non averne. Questo penalizza e condiziona la crescita di questo Paese.

Credo poi che in un società dei consumi, ove la stessa produzione necessita del consumatore (quasi che non si produca più per consumare, ma si consumi per produrre), mi pare almeno intempestivo introdurre uno strumento che vuol prendere le misure al contribuente, fotografando le sue spese. L'economia non riparte se il cittadino non spende, ma il cittadino che spende rischia di essere un cattivo contribuente: e allora caleranno i consumi, almeno quelli ufficiali e quelli proprio non strettamente necessari, ma più utili alla lunga. Leggasi istruzione, previdenza complementare, mercato immobiliare, ma anche turismo culturale, che è una ricchezza tutta italiana.

Tiziana Braghiroli, consigliere nazionale: il nuovo redditometro non è idoneo a una misurazione veramente utile della coerenza tra il reddito percepito e le spese sostenute dal contribuente.

Essere coerenti, dal punto di vista fiscale, è difficile: le prime simulazioni con il redditest dimostrano quanto sia comune, a fine compilazione, trovarsi davanti al semaforo rosso. E questo in modo particolare per i redditi più bassi, su cui incidono maggiormente le spese fisse. Una segnalazione di mancanza di coerenza non è automaticamente sinonimo di evasione!

Ognuna delle 100 voci del Redditest ha poi, di fatto, un coefficiente diverso: spendere 2 mila euro per le vacanze o per comprarsi gioielli, ad esempio, porta a risultati diversi. Ho riscontrato, anche, che incide in misura eccessiva la proprietà dell'automezzo e della relativa assicurazione.

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