
La riforma Fornero è stata il convitato di pietra del seminario di Fiesole. La legge 92/2012 prevede la possibilità di riconvertire i fondi interprofessionali per la formazione continua, destinando il gettito dello 0,30% ai fondi di solidarietà. Si tratta di una previsione normativa fortemente criticata dalle parti sociali, che paventano il rischio di uno snaturamento delle prerogative dei fondi. Ferma restando la natura privatistica dei fondi, sancita dal Consiglio di stato nel 2011, la «minaccia» di smantellare la fragile natura dei fondi (in Italia gli investimenti per la formazione continua si attestano a circa 1 miliardo di euro, contro i 2 miliardi di euro investiti in Francia) è stata superata con l'accordo sulla produttività, sottoscritto tra governo e parti sociali lo scorso 16 novembre, che attribuisce ai fondi interprofessionali un ruolo fondamentale «non solo per l'aggiornamento delle competenze dei lavoratori occupati», ha aggiunto Magi, «ma anche a quelli coinvolti in procedure di cassa integrazione, di mobilità o sospensioni collettive dal lavoro».
Già oggi, i fondi intervengono attraverso politiche attive al finanziamento di attività formative a carattere sociale. Basterà ricordare l'Avviso sociale promosso da Fondoprofessioni, che valorizza la formazione in un ambito di crisi di mercato e del lavoro, svolgendo quindi un'azione di sostegno ai lavoratori. Tuttavia, appare riduttivo circoscrivere la loro azione a meri ammortizzatori sociali. «Oggi, i fondi interprofessionali devono interpretare le esigenze e le domande che la crisi pone alla formazione, dando una risposta positiva rilanciando e sullo sviluppo di competenze» ha affermato Magi. In questa nuova ottica, sono chiamati non solo a incrementare nuove competenze, «ma anche a trasformare il sistema di formazione da rendicontativa a modello che sviluppa il sapere dinamico, che per il mondo delle professioni diventa un fattore critico di successo» ha sottolineato Magi.
È sufficiente calarsi nella realtà quotidiana del lavoro per comprendere il salto di competenze che oggi viene richiesto ai dipendenti degli studi. La spinta alla competitività, l'innovazione tecnologica e l'evoluzione normativa hanno modificato l'organizzazione e l'attività all'interno degli studi. Un esempio è quello degli studi medici, che dal 13 settembre 2011 sono obbligati a trasmettere i certificati all'Inps in modalità telematica nonché la realizzazione nei prossimi mesi il percorso di digitalizzazione che condurrà alla dematerializzazione della vecchia ricetta. L'addio alla ricetta cartacea rappresenta, per certi versi, una rivoluzione che ha un forte impatto sulle competenze richieste al personale di studio. È quello che Magi chiama «sapere dinamico» e che diventa imprescindibile dalla formazione; anzi, dal long life learning che rappresenta il terzo pilastro del sistema delle tutele di welfare: stabilizza l'occupazione e rende più competitivo lo studio del professionista nel mercato del lavoro.