Sull'accordo fra Italia e Svizzera sulla regolarizzazione dei depositi nelle banche elvetiche «cerchiamo di lavorare con grande lena» ma «ci sono ancora problemi sul tavolo in termini di trasparenza, riciclaggio e scambio di informazioni». Come ha detto il ministro dell'economia, Vittorio Grilli, al suo arrivo a Bruxelles per l'Eurogruppo, «speriamo di raggiungere un accordo non polemico» di cui devono far parte «tutti gli ingredienti che per noi sono indispensabili». In particolare, ha spiegato Grilli, «certamente la caratteristica di questo accordo non può essere un condono, un'amnistia», ma «è prematuro» parlare di cifre: «prima di discutere esattamente le cifre, bisogna vedere i parametri dell'accordo». Ricordando che «lavoriamo su incontri tecnici da diversi mesi» e che «la prossima settimana ci sarà uno steering committee», Grilli non ha risposto sulla possibile scadenza di fine anno: «no, non lo so». I nodi da sciogliere presso questi tavoli tecnici: «noi», ha detto Grilli, «cerchiamo di lavorare con grande lena, ma ci sono ancora problemi su trasparenza, scambio d'informazioni e norme antiriciclaggio». Per le associazioni bancarie svizzere più alta sarà l'aliquota, maggiore sarà il rischio di fuga dei capitali. Secondo Jakob Schaad, vicepresidente della direzione dell'Abi svizzera, un livello troppo elevato dell'aliquota per la parte forfettaria, che servirà a regolarizzare le pendenze passate degli italiani, potrebbe sortire l'effetto contrario inducendo gli evasori dello Stivale a spostare altrove i propri capitali. Così come avvenuto, in parte, a seguito degli accordi fiscali sottoscritti dalla Svizzera con Londra, Berlino e Vienna che, in base alle rilevazioni di Ubs, avrebbero determinato una fuoriuscita di capitali dai forzieri elvetici pari a 10 miliardi di franchi. Una goccia nel mare, rispetto alla stima di 160 miliardi di euro depositati illegalmente dagli italiani nelle banche svizzere», ha aggiunto Schaad. «Non è immaginabile che per l'Italia si stabilisca un'aliquota come, per esempio, quella della Germania, che arriva fino al 41%, in quanto in Italia ci sono stati nel passato tre scudi fiscali con la possibilità di regolarizzazione a costi molto più bassi».