
Nel caso esaminato, dalla ricostruzione fatta dai giudici risulta che l'istanza di autotutela era retta dalla sola constatazione dell'avvenuta assoluzione nel processo penale dal reato di emissione di fatture fittizie, «senza che sia stato addotto alcun (ulteriore e diverso) interesse pubblico all'annullamento, il quale non può farsi consistere (come assume la parte controricorrente) nel dovere dell'Ufficio di esaminare i fatti emersi in sede penale, appunto perché ciò attiene manifestamente alla questione della fondatezza del potere impositivo e non alla questione della illegittimità del rifiuto di autotutela».
La vicenda riguarda un imprenditore di Napoli accusato di aver emesso fatture per operazioni inesistenti. Poco dopo era scattato anche l'avviso di accertamento dell'Iva. Nel frattempo l'uomo era stato assolto dal processo penale per le fatture relative a operazioni inesistenti e contestualmente aveva chiesto l'annullamento in autotutela dell'atto impositivo. Contro il rifiuto opposto dall'amministrazione finanziaria lui ha presentato ricorso alla Ctp e lo ha vinto. La Ctr partenopea ha confermato il verdetto. A questo punto l'accoglimento del ricorso in Cassazione ha reso nuovamente valido l'accertamento.