
Ivie. L'imposta sull'immobile estero adibito ad abitazione principale viene stabilita indistintamente allo 0,4%. Viene meno, quindi, il riferimento ai soggetti che prestano lavoro all'estero per conto dello Stato o della p.a., oppure presso organismi internazionali. Resta ferma, invece, la detrazione di 200 euro, come pure quella di 50 euro per ogni figlio under 26 a carico, analogamente a quanto avviene per l'Imu nazionale. Naturalmente, come chiarito dall'Agenzia delle entrate con la circolare n. 28/E del 2 luglio 2012, l'applicazione di tali benefici è ammessa a condizione che il soggetto non usufruisca già dell'agevolazione Imu per un immobile in Italia. La relazione tecnica agli emendamenti quantifica l'effetto finanziario dell'estensione dell'agevolazione prima casa. A fronte di un patrimonio immobiliare detenuto dagli italiani all'estero per 15,8 miliardi di euro, viene ipotizzata una percentuale di case adibite ad abitazione principali del 5%. Applicando un'aliquota implicita dello 0,25% (cioè depurata degli effetti delle detrazioni) e tenendo conto del credito d'imposta sugli oneri tributari già assolti all'estero, nel triennio 2013-2015 la perdita di gettito supera di poco i 10 milioni di euro. Ai quali vanno aggiunte le conseguenze di un'ulteriore modifica normativa: l'articolo 19 del dl n. 201/2011 viene integrato con un nuovo comma, il 15-ter, che prevede come sugli immobili esteri adibiti a prima casa e su quelli non locati già soggetti a Ivie non si applica l'articolo 70, comma 2 del Tuir (redditi fondiari). Poiché dalle dichiarazioni per l'anno 2010 risultano redditi diversi da terreni e fabbricati esteri per circa 100 milioni di euro, i tecnici dell'esecutivo stimano una perdita di gettito Irpef di 20,3 milioni di euro per il 2013 e di 11,3 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015 (si veda tabella in pagina).
Ivafe. Le persone fisiche residenti in Italia sono assoggettate all'Ivafe se detengono all'estero attività finanziarie a titolo di proprietà o di altro diritto reale. Per il 2012, che diviene il primo anno di applicazione del prelievo, l'aliquota è pari all'1 per mille, mentre dal 2013 in avanti si sale all'1,5 per mille. Non sono previste franchigie minime di esenzione. Tuttavia l'articolo 19, comma 20 del dl n. 201/2011 ha stabilito un'imposta in misura fissa di 34,20 euro per i conti correnti e i libretti di risparmio posseduti in paesi Ue o aderenti al See che garantiscono un adeguato scambio di informazioni. In tali circostanze l'onere fiscale è identico a quello sopportato dai correntisti italiani. Con l'emendamento all'articolo 12 del ddl di stabilità questa differenziazione viene cancellata. Tutti i conti detenuti all'estero sconteranno il prelievo in misura fissa. Quella che potrebbe sembrare un'agevolazione «di massa», tuttavia, è in realtà una modifica quasi a costo zero per l'erario. Come spiega la relazione tecnica, «poiché si stima che oltre il 90% dei conti correnti siano situati nei paesi Ue, considerando la relativa perdita di gettito totale annua stimata a regime (-1,7 milioni di euro), si ritiene che la modifica normativa in oggetto determini effetti di gettito di trascurabile entità».