
Il nuovo standard chiarisce chi debba essere considerata società di investimento dettando tre requisiti che andranno contemporaneamente rispettati: il primo fa riferimento a società che ottengono fondi da uno o più investitori, ciò al fine di fornir loro servizi di gestione degli investimenti stessi; il secondo riguarda, invece, l'impegno che la società prende con i suoi clienti dichiarando che lo scopo del suo business è quello d'impiegare fondi per realizzare redditi di capitale (dividendi e/o interessi) o plusvalenze; il terzo considera, infine, la valutazione delle performance degli investimenti che dovrà avvenire al fair value. Il principio esemplifica pure quali soggetti rientrano, in genere, nella categoria: fondi di private equity, fondi pensione e società di venture capital.
Laddove vi siano casi dubbi, occorrerà far attenzione al modo in cui una società si presenta ai terzi: differente sarà, infatti, il caso in cui un'azienda offra unicamente impieghi di medio-lungo termine con lo scopo di apprezzarne il capitale da quello in cui, oltre a compiere attività di investimento, si dedichi congiuntamente ad attività di produzione, sviluppo o marketing di prodotti con le sue partecipate. Mentre nel primo caso, come già accennato, si dovrà evitare il consolidamento valutando le proprie controllate al fair value a conto economico, nel caso di attività non strettamente e unicamente legate a quelle previste per le investment entities, bisognerà procedere al normale consolidamento delle società partecipate.