È quanto afferma l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici che ha inviato un atto di segnalazione (la n. 2 del 27 settembre 2012) al governo e al parlamento suggerendo un intervento normativo volto a introdurre nel Codice dei contratti alcune regole che possano consentire la partecipazione delle reti di impresa alle procedure di gara.
L'Atto di segnalazione, adottato a seguito di una apposita consultazione con gli operatori di settore nel luglio scorso in cui era sostanzialmente emersa l'impossibilità di ammissione in via interpretative delle reti di imprese alle gare di appalto, affronta alcuni profili giuridici e operativi attinenti alla partecipazione alle gare, al possesso dei requisiti di qualificazione, alla partecipazione anche di professionistici contratti di rete, partendo dal presupposto che si debbano dettare regole ad hoc visto che «il contratto di rete non è in toto assimilabile» né ai raggruppamenti temporanei di imprese, né ai consorzi.
Nel frattempo il governo, con una norma inserita nel disegno di legge sulle semplificazioni, quasi recependo e anticipando i contenuti della segnalazione, introduce la possibilità, con una modifica all'articolo 34 del Codice dei contratti pubblici, di partecipazione alle gare per le aggregazioni tra imprese aderenti al contratto di rete, alle quali si applicano le disposizioni dell'articolo 37 del Codice dei contratti pubblici, che a sua volta detta le regole per la costituzione e il funzionamento dei raggruppamenti temporanei di imprese e dei consorzi ordinari di concorrenti. Si tratta però, a ben vedere, di una norma che non sembra dare risposta adeguata e completa alle richieste che l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici elenca nel dettaglio della sua segnalazione al parlamento. Per quel che attiene, ad esempio, la fase di esecuzione del contratto il disegno di legge nulla dice anche se nella segnalazione si afferma che bisognerebbe comunque sancire «la responsabilità solidale, nei confronti della stazione appaltante, delle imprese “retiste'' che stipulano il contratto di appalto, alla pari di quanto previsto per i raggruppamenti temporanei», ma con la precisazione che questa responsabilità «in alcun modo può ritenersi estesa ai soggetti che, seppur sottoscrittori del contratto di rete, non abbiano preso parte alla specifica procedura di gara». Anche per quel che riguarda la nozione di «imprenditori» che possono fare parte ai contratti di rete e, quindi, attraverso questa forma essere ammessi alle gare di appalto, nulla dice il disegno di legge, mentre nell'atto di segnalazione, l'Autorità fa chiaramente intendere che, in base alla normativa comunitaria e alla nozione di operatori economici (persone fisiche e giuridiche, pubbliche e private), si dovrebbe fare riferimento a tutti i soggetti che, prescindendo dal loro status giuridico, svolgono «qualsiasi attività che si concretizzi nell'offerta di beni e servizi sul mercato». Appare evidente che in tale modo, correttamente, l'Autorità afferma la necessità di aprire i contratti di rete anche a professionisti e studi professionali. Ma questo significa che per raggiungere tale scopo, dice l'Autorità, «sarebbe necessaria una modifica legislativa volta a permettere la partecipazione alle reti di impresa anche a professionisti non qualificabili alla stregua di imprenditori in senso civilistico». Una modifica, questa volta, non del Codice dei contratti pubblici ma del dl 10 febbraio 2009, n. 5 che ha istituito il contratto di rete.