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Piccole medie imprese, la manovra non aiuta la crescita

del 16/10/2012
di: di Manola Di Renzo
Piccole medie imprese, la manovra non aiuta la crescita
Giorni fa il consiglio dei ministri ha approvato il secondo decreto sviluppo 2012, incentrato sulla nascita e lo sviluppo delle start-up innovative e sulla digitalizzazione del paese.

Secondo il presidente Monti si tratta di un passo importante per l'economia e la crescita della produttività del nostro territorio.

Sono temi importanti, porteranno molte trasformazioni e anche parecchie agevolazioni a quelle particolari società, definite start-up, che si occupano di sviluppo e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.

Fino a oggi la digital economy in Italia rappresenta solo il 20% della produttività italiana e nonostante le positive previsioni, la percentuale aumenta lentamente rispetto l'andamento degli altri paesi della Comunità europea.

Per le neoimprese incentrate nella ricerca e nella valorizzazione di un progetto a elevato contenuto innovativo, il decreto prevede un contributo di 200 milioni di euro, oltre una serie di sostanziose semplificazioni, che spaziano dai diritti camerali alla possibilità di assunzioni facilitate.

Tutto molto interessante, ma secondo il Cnai il decreto sviluppo a favore delle aziende che lavorano per mantenere in piedi i mercati italiani non è ancora stato previsto. Le aziende che subiscono maggiori pressioni fiscali e burocratiche sono le piccole; si tratta di un tessuto connettivo fondamentale che porta avanti buona parte della nostra economia. Purtroppo molte di loro sono destinate a morire, e mentre i padri chiuderanno le proprie attività, i figli disoccupati apriranno le start-up.

Se il paese ha bisogno di modernizzazione, sono doverose alcune considerazioni. Non tutte le attività rientrano in questo processo, e non per questo sono meno importanti; pur volendo agevolare i giovani, quali soggetti maggiormente inclini alla tecnologia e con titoli di studio più idonei rispetto le precedenti generazioni, la maggioranza non ha esperienze professionali tali da condurre un'impresa; solo le idee seppur buone, non bastano per gestire un'azienda.

Considerata la carenza di posti di lavoro, allettati dalle belle parole e dalle buone intenzioni che in questo momento gravitano intorno a questo decreto «trasforma Italia», in tanti saranno attirati dalla costituzione di una start-up, e sicuramente pochi dureranno.

Le analisi effettuate dal Cnai concordano con i dati diffusi di recente da Bankitalia, le imprese sono sempre più in sofferenza e i prestiti diminuiscono. Gli interventi per la crescita dell'edilizia e per la riduzione della pressione fiscale vengono rinviati. Per la fine dell'anno circa il 12% cesserà l'attività definitivamente, ne faranno parte anche gli studi professionali.

Il presidente del Cnai, Orazio Di Renzo, spiega che è difficile immaginare una ripresa dell'economia e un aumento dell'occupazione, attualmente il carico fiscale è troppo gravoso per le piccole medie imprese. Le manovre per digitalizzare il nostro paese dovrebbero marciare di pari passo con il rilancio delle pmi e con politiche del lavoro snelle e attuabili. Nel nuovo decreto non sono previste misure per l'agevolazione del commercio elettronico, piuttosto assistiamo a un ulteriore incremento dell'Iva. Invece pare evidente uno slancio a favore degli investitori stranieri. Sono soggetti su quali dovremmo puntare una lampada di osservazione; sono interessati principalmente al nostro know how e non a conferire ricchezza. I loro minimi investimenti sul nostro territorio sono ridicoli rispetto al fatturato che riescono a sviluppare, e non vi è un ritorno neanche in termini di imposte. Infine ricorda che il percorso di digitalizzazione nel settore privato è già cominciato da anni, distanziando e lasciando indietro, di parecchio, il settore pubblico.

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