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Speculazione: sono nulli i derivati con il trucco

del 29/09/2012
di: di Valerio Stroppa
Speculazione: sono nulli i derivati con il trucco
I derivati sottoscritti dal cliente con finalità di copertura dei rischi che invece presentano caratteristiche speculative sono nulli per difetto di causa concreta. E quindi la banca deve restituire le somme indebitamente percepite in esecuzione del contratto. Ad affermarlo è la 1° sezione civile del tribunale di Monza con la sentenza n. 2028/12, che ha condannato un istituto di credito a rimborsare circa 50 mila euro a una società che aveva stipulato un interest rate swap. La pronuncia potrebbe costituire un precedente rilevante alla luce delle numerose cause relative agli Irs pendenti nei tribunali italiani. Nel caso in questione un'azienda intendeva tutelarsi dal rischio di aumento del tasso variabile gravante sui finanziamenti contratti. La banca aveva quindi proposto uno swap, grazie al quale il cliente, impegnandosi a pagare un tasso fisso calcolato sul capitale nozionale preso come riferimento, avrebbe ricevuto dall'istituto un tasso variabile (Euribor + spread), «cristallizzando» così la propria esposizione anche nell'ipotesi di un incremento dei tassi. Lo scambio («swap», appunto) dei pagamenti avveniva attraverso compensazione, con liquidazione della sola differenza a favore della parte risultante a credito. Secondo i giudici, tuttavia, «le condizioni normative ed economiche stabilite nel contratto si sono rivelate totalmente inidonee a perseguire la funzione di copertura del rischio dichiarata nel contratto». Con scadenze trimestrali il cliente avrebbe pagato alla banca un tasso fisso (variabile dal 2,20% del 1° anno al 4,90% del 5° anno), mentre la banca avrebbe versato l'Euribor a 3 mesi rivalutato secondo un fattore moltiplicativo predefinito. Meccanismo che, spiega il tribunale, «rendeva residuale l'ipotesi di un superamento dei tassi fissi crescenti da parte del tasso variabile a carico della banca». E infatti in tre anni il cliente aveva accumulato perdite per oltre 35 mila euro, più 5.600 di «mark to market» per il recesso anticipato dal contratto. Attraverso una perizia tecnica il tribunale ha accertato che il contratto era sbilanciato fin dalla stipula a favore della banca. Il Ctu ha ravvisato poi una «commissione occulta» di 15 mila euro «completamente sottaciuta alla controparte». Si trattava di un derivato con finalità speculative, ben diverse dalla funzione di hedging proposta al cliente. È stato così ravvisato un difetto genetico di causa «per incapacità, ab origine, dello schema negoziale a realizzare la finalità voluta». La nullità originaria del contratto, peraltro, assorbe tutte le altre considerazioni di merito, rendendo irrilevante la questione dell'operatore qualificato e ogni accertamento circa l'osservanza delle disposizioni recate dall'articolo 21 del Tuf e delle norme comportamentali Consob. Per Franco Fabiani, avvocato di Como che ha difeso il ricorrente, «con questa sentenza si apre una via più celere e semplice alle azioni di impugnazione».

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