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Parcelle: i compensi extra vanno subito concordati

del 19/09/2012
di: di Debora Alberici
Parcelle: i compensi extra vanno subito concordati
Il compenso per le attività aggiuntive va esplicitato subito dal professionista. Infatti, non si può presentare inaspettatamente al cliente un conto più salato alla fine dell'attività. Non solo. È lecito concordare una parcella al di sotto dei minimi tariffari. Sono questi i principi sanciti dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 15628 del 18 settembre 2012.

Insomma, la pronuncia è perfettamente in linea con la riforma di ferragosto che ha introdotto l'obbligo per i professionisti del preventivo e ha abolito le tariffe, introducendo i parametri. Nel caso sottoposto all'esame della seconda sezione civile a fare domanda di un compenso ulteriore, rispetto a quello forfettizzato, è stato un architetto che aveva presentato un conto molto più caro, 25 mila euro. Il cliente lo aveva contestato facendo ricorso al Tribunale di Firenze che aveva ritenuto illegittima l'ulteriore pretesa dell'architetto. Stessa sorte in secondo grado. Contro la doppia conforme di merito l'uomo ha presentato ricorso in Cassazione ma, ancora una volta, senza successo. Il Collegio di legittimità lo ha respinto chiarendo, prima di tutto che «un eventuale incremento delle prestazioni effettuate rispetto a quelle inizialmente previste, con conseguente sopravvenuta inadeguatezza del compenso, avrebbe dovuto essere palesato immediatamente dal professionista al cliente». Opportunamente, quindi, i giudici fiorentini hanno osservato, in primo e secondo grado, che sarebbe stato contrario a buona fede il comportamento dell'architetto che avesse svolto prestazioni ulteriori rispetto a quelle pattuite, con la riserva mentale di chiedere compenso aggiuntivo. Sul fronte delle tariffe Piazza Cavour ha ricordato che «il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa e adeguato all'importanza dell'opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l'art. 2233 cod. civ. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest'ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano criteri di cui all'art. 36, primo comma, Cost., applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato». Anche la Procura generale della Cassazione ha chiesto in udienza di respingere tutte le istanze presentate dall'architetto.

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