I punti critici. I nodi da sciogliere della riforma forense li ha indicati a inizio agosto l'Antitrust, e presumibilmente saranno gli stessi su cui farà leva il guardasigilli. A partire da tariffe e preventivo. Il ddl prevede infatti che il preventivo è obbligatorio solo su richiesta del cliente e non è comunque necessaria la forma scritta. Una norma in contrasto con quanto previsto dal dl liberalizzazioni. Così come è in contrasto la determinazione del compenso, in caso di mancato accordo, attraverso l'utilizzo di parametri stabiliti con decreto ministeriale. In questo modo, rileva il Garante, viene ripristinato il rispetto di prezzi uniformi, «vanificando così gli effetti della liberalizzazione». Stesso discorso sul tirocinio. Il decreto liberalizzazioni prima e il dpr Severino poi, hanno messo il tetto a 18 mesi per la durata massima del praticantato, di cui sei che si possono svolgere durante il corso universitario. La riforma forense, invece, stabilisce che il tirocinio deve durare 24 mesi. Quanto alla pubblicità, il disegno di legge pone dei limiti ai contenuti dell'informazione o comunicazione, che devono essere «coerenti con la finalità della tutela dell'affidamento della collettività, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza nonché nel rispetto dei princìpi del codice deontologico». In più, conferisce al Cnf il compito di determinare i criteri concernenti le modalità dell'informazione e della comunicazione. Una previsione in contrasto con il dpr Severino, che sdogana definitivamente la pubblicità professionale.
Le indicazioni dell'Antitrust. L'Agcm segnala inoltre l'introduzione del nuovo titolo di specialista. Secondo l'Autorità «desta preoccupazione che il rilascio del titolo sia subordinato a verifiche che non sono sempre fondate sull'accertamento dell'esperienza professionale effettiva». Mentre sembrano preferibili «corsi di specializzazione facoltativi che assicurino a tutti la possibilità di acquisire il titolo e permettano l'instaurarsi di un sistema aperto in cui la specializzazione possa discendere da qualsiasi esperienza professionale e di studio o ricerca». Altro capitolo, le incompatibilità con la professione di avvocato. Secondo l'Antitrust «non risultano necessarie né proporzionali, rispetto alla garanzia dell'autonomia degli avvocati o alla tutela dell'integrità del professionista, le incompatibilità a svolgere altre attività di lavoro autonomo o dipendente, anche part-time, né appare giustificata l'imposizione del limite all'iscrizione degli avvocati in altri albi professionali. Eventuali situazioni di conflitto di interesse derivanti dallo svolgimento di diverse attività professionali», specifica il Garante, «possono essere risolte con la previsione di strumenti proporzionati, meno restrittivi della libertà di iniziativa economica, quali, ad esempio, le regole di correttezza professionale e i conseguenti obblighi di astensione dallo svolgimento delle attività in conflitto».
Il parere del Cnf. Il Consiglio nazionale forense confida invece nel Parlamento. E «si augura che anche il Governo assuma le sue decisioni in autonomia, visto il ritardo inspiegabile sulla sua decisione in merito alla richiesta della stessa commissione giustizia della camera di assegnare la riforma in deliberante». Il parere dell'Antitrust invece «non presenta alcun profilo di novità e ripete gli stessi argomenti che con lettera- anch'essa come il parere attuale non sollecitata ma inviata motu proprio ai destinatari, l'Autorità aveva diffuso un anno fa».