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Professionisti: Ora la concorrenza si fa sui prezzi

del 10/08/2012
di: di Ignazio Marino
Professionisti: Ora la concorrenza si fa sui prezzi
I professionisti potranno pubblicizzare la loro attività indicando anche i compensi richiesti per le prestazioni. Certo, non potranno dire che il collega dello studio accanto prende di più per gli stessi servizi. Ma con il dpr Severino di riforma degli ordini (approvato dal consiglio dei ministri il 3 agosto e atteso in Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione) si rompe uno degli ultimi tabù in materia. Visto che fino ad oggi la comunicazione dei prezzi – seppure permessa implicitamente dalle liberalizzazioni del 2006 – è stata concepita spesso dagli ordini come «contraria al decoro professionale». Un orientamento da anni contrastato dall'Antitrust. E che oggi, alla luce della nuova formulazione della norma, però non più scuse. Con la riforma, infatti, la pubblicità trova una disciplina più articolata. Anche se bisognerà attendere in che modo gli iscritti agli albi recepiranno questa nuova opportunità. Vediamo allora meglio di cosa stiamo parlando.

Cosa si può pubblicizzare

Dunque al fine di incentivare la concorrenza, la norma chiarisce che il professionista, a parte i raffronti relativi ad altri specifici colleghi, può utilizzare con ogni mezzo e può pubblicizzare le specializzazioni e i titoli posseduti, l'organizzazione dello studio (nel senso della sua composizione), nonché i compensi richiesti per le prestazioni. Le informazioni pubblicizzate devono essere strettamente funzionali all'oggetto, in tal modo assorbendosi ogni necessità di riferimenti ambigui alla dignità e al decoro professionale, devono rispettare criteri di veridicità e correttezza e non possono essere equivoche, ingannevoli o denigratorie, né, logicamente, devono violare l'obbligo del segreto professionale.

Cosa non si può pubblicizzare

Il dpr Severino stabilisce che la pubblicità scorretta ed ingannevole integra per il professionista che l'ha adottata illecito disciplinare. Con l'ultima versione del provvedimento il Legislatore ha integrato la norma, come suggerito dal Consiglio di Stato, specificando che la medesima condotta integra una violazione delle disposizioni contenute nel codice del consumo e concernenti la pubblicità ingannevole. Questo vuol dire che non sarà più solo l'ordine a vigilare sul professionista ma anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato in qualità di organismo vigilante competente. L'Agcm, d'ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione di eventuali pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti. Non solo. L'Autorità può disporre che il professionista fornisca prove sull'esattezza dei dati di fatto connessi alla pratica commerciale se, tenuto conto dei diritti o degli interessi legittimi del professionista e di qualsiasi altra parte nel procedimento, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico.

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