Il modello di funzionamento al quale si è ispirato il sistema IT nazionale fin dagli anni 70 «è stato essenzialmente finalizzato alle esigenze di controllo dell'amministrazione, ben poco preoccupato delle esigenze di adempimento dei contribuenti, costretti quasi sempre a ricorrere all'assistenza professionale e informatica offerta dal mercato (professionisti, Caf, software house ecc.)», rileva Giampaolino. Tale situazione ha inciso negativamente sulla tax compliance, «favorendo omissioni e dimenticanze» e accrescendo tra i cittadini «il convincimento di una sostanziale assenza della p.a.». L'esempio più di attualità è quello dell'Imu, con milioni di contribuenti ad arrovellarsi fino all'ultimo momento per determinare quanto pagare e a chi (comune o Stato). Sul punto, citando un documento emanato dall'Ocse nel 2010 dal titolo «Capire e influenzare le abitudini dei contribuenti», il numero uno della Corte dei conti osserva come «i costi di adempimento, in termini di tempo, di sforzo e di denaro ostacolano l'adempimento stesso».
Ed è proprio qui che arriva qualche critica per i servizi web erogati dall'Agenzia delle entrate, che risultano «più orientati alla gestione ex post del contribuente che alla gestione dell'adempimento» e che presentano «procedure di accreditamento (pincode e password) macchinose e poco apprezzate». Insomma, a differenza di quanto avviene in molti paesi dell'area Ocse, «il ruolo dell'amministrazione è ancora prevalentemente di attesa piuttosto che di gestione attiva dell'adempimento». Tale aspetto viene rimarcato con una serie di esempi: in Francia il contribuente ha a disposizione applicazioni user-friendly con dati pre-compilati e calcoli automatici, che nei casi più semplici consentono «di presentare la propria dichiarazione con soli tre click»; in Germania e Danimarca le autorità fiscali mettono a disposizione dichiarazioni già redatte basandosi su dati provenienti da terzi, mentre in Olanda le piccole imprese e i lavoratori autonomi possono usufruire di una gestione della contabilità on-line a cura della stessa amministrazione.
Ipotesi che in Italia sembrano ancora lontane, nonostante numerosi sforzi per rendere sempre più incisive le banche dati del fisco (riduzione uso del contante, elenco clienti-fornitori, comunicazione movimenti finanziari). «La situazione non è pienamente soddisfacente», ribadisce Giampaolino, «e l'adempimento fiscale si regge ancora essenzialmente su informazioni in possesso del solo contribuente». Inclusi gli studi di settore, per i quali tale limite «pregiudica non di poco la loro capacità di far emergere base imponibile». Insomma, per fare un balzo in avanti e migliorare sia la fedeltà fiscale sia la qualità dell'azione di contrasto all'evasione la Corte conti auspica un «cervellone» che sia in grado di inviare a ciascun contribuente «una proposta di dichiarazione precompilata completa di tutte le componenti più significative (redditi di lavoro o di pensione, acconti versati, fabbricati, etc.)». O ancora «un prospetto ricognitivo di calcolo per il pagamento dell'Ici/Imu». Infine, tra le ulteriori criticità evidenziate, emerge la mancata attuazione della norma che dispone la trasmissione mensile del modello 770. Disposizione la cui entrata in vigore era stata originariamente prevista per il gennaio 2009 e poi ripetutamente prorogata (attualmente il termine di decorrenza è fissato al 2014, previa sperimentazione a partire dal 2013). Ultima, ma non per importanza, la constatazione di una «insufficiente qualità degli archivi e delle procedure, ancora oggi affetti da notevoli errori e disallineamenti», chiosa Giampaolino, ricordando l'elevato numero di annullamenti di atti basati su procedure di controllo automatizzato, «per i quali il numero di annullamenti totali o parziali è stato nel 2011 di 1,4 milioni di atti, con un'incidenza che ha raggiunto il 17% delle comunicazioni emesse».