
La questione più significativa affrontata dalla Cassazione (che ha ritenuto competente il giudice ordinario e non il Tar), riguardava l'applicabilità del Codice dei contratti pubblici da parte di Poste italiane per l'affidamento di servizi finanziari. La Cassazione ha risolto la questione partendo dal presupposto che, se da un lato l'articolo 221 del Codice dei contratti pubblici sottopone alla disciplina ad evidenza pubblica i servizi postali in senso stretto e i servizi diversi svolti dall'ente postale, tra cui quelli finanziari, dall'altro lato l'articolo 219 dispone che questi stessi appalti risultano esclusi dall'applicazione delle regole del codice laddove l'attività da affidare sia direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili. In passato la Commissione europea (decisione del 5/1/10, recepita con dpcm 25/1/10), aveva riconosciuto che determinati servizi svolti da Poste italiane, tra cui la raccolta di risparmio tramite conti correnti, i prestiti per conto di banche e i servizi di pagamento e trasferimento di denaro, fossero pienamente liberalizzati e pertanto non più soggetti alla direttiva n. 2004/17/CE e, conseguentemente, al codice dei contratti. Da ciò la Corte fa discendere che il riconoscimento della piena esposizione dei settori servizi di pagamento e trasferimento di denaro al mercato comporta che non sia necessario il ricorso a procedure ad evidenza pubblica regolate dal Codice appalti, anche qualora dette attività vengano svolte da soggetti che rivestono la qualità di enti aggiudicatori, come appunto Poste italiane come impresa pubblica nei settori c.d. speciali.