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I paletti alle assunzioni non risparmiano le Ipab

del 28/06/2012
di: La Redazione
I paletti alle assunzioni non risparmiano le Ipab
I paletti all'assunzione di personale non risparmiano le Ipab. Le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, fino alla loro trasformazione in Asp (Aziende pubbliche di servizi alla persona), non possono modificare la propria dotazione organica, incrementandola, senza raccordo con la normativa statale in materia di spesa di personale degli enti locali. Di questo principio devono tener conto le regioni quando provvedono a riordinare questi enti con legge. Lo ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza n.161/2012, depositata ieri in cancelleria, con cui i giudici della Consulta hanno bocciato una legge regionale dell'Abruzzo (n.17/2011). A ricorrere alla Consulta è stata la presidenza del consiglio dei ministri che ha lamentato anche l'illegittimità della norma che, in attesa della trasformazione delle Ipab in Asp, assegna ai comuni di riferimento il personale dipendente e il patrimonio degli enti. Secondo palazzo Chigi tali disposizioni, trasferendo agli enti locali, seppur temporaneamente, nuove strutture e nuovo personale, «senza operare il necessario raccordo con la normativa statale», si pongono in contrasto con la Costituzione. La Consulta ha accolto il ricorso ritenendo le norme incompatibili con le previsioni del dl 112/2008 secondo cui, quando le spese di personale degli enti locali superano il 50% delle spese correnti, non è possibile procedere a nuove assunzioni a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale (quando invece l'incidenza delle spese è pari o inferiore al 35% sono consentite deroghe per il turn-over).

Le previsioni del dl 112 costituiscono infatti principi di coordinamento della finanza pubblica come più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale. Ad analoga considerazione, secondo la Consulta, si deve pervenire con riguardo al temporaneo trasferimento dei beni delle Ipab ai comuni. «La posizione soprannumeraria non può evitare l'incremento degli oneri del personale e la violazione delle percentuali in relazione alle quali l'art. 76, comma 7, del dl n. 112 del 2008 fissa i limiti strutturali per la gestione di detta categoria di spesa», scrive il giudice Aldo Carosi, estensore della sentenza. «Né può ritenersi che la temporanea assegnazione al comune, pur in difetto di specifica previsione, debba avvenire nei limiti di compatibilità con le percentuali indicate dal parametro interposto, come dedotto dalla regione».

Gestione dei rifiuti. Con la sentenza n.159/2012 (redattore Paolo Maria Napolitano) la Consulta ha dichiarato illegittima una norma della legge della regione Toscana n.41/2011 in base alla quale la comunità d'ambito provvede all'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi senza contemplare alcuna intesa con la regione. A ricorrere alla Corte è stata la presidenza del consiglio secondo cui la normativa esorbiterebbe dalla competenza legislativa regionale, invadendo quella statale in materia di ordinamento ed organizzazione amministrativa dello stato e degli enti pubblici nazionali.

Caccia. Le regioni non possono disciplinare con legge il piano di cattura dei richiami vivi perché così facendo impediscono alla presidenza del consiglio di disporre l'annullamento del provvedimento. La Corte lo ha stabilito nella sentenza n.160/2012 (anche questa redatta da Paolo Maria Napolitano) secondo cui le deroghe adottate dalle regioni al generale divieto di prelievo venatorio non possono comportare, in termini più gravosi di quanto non sia stato disposto dal legislatore statale, la riduzione del livello di tutela dell'ambiente. La Corte ha bocciato una legge della regione Lombardia (n.16/2011).

Banda larga. Le norme del dl 98/2011 in materia di banda larga non sono conformi a Costituzione perché non coinvolgono le regioni. Lo ha deciso la Consulta con la sentenza n.163/2011 (redatta da Giuseppe Tesauro). A ricorrere alla Corte è stata la regione Liguria convinta che le disposizioni della manovra di luglio 2011 del governo Berlusconi, pur incidendo su materie attribuite alla potestà legislativa regionale concorrente, non lascerebbero alcuno spazio ai governatori né in relazione all'adozione del progetto strategico né con riguardo alla realizzazione concreta degli interventi sul territorio regionale.

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