
La Fondazione Studi Consulenti del lavoro - dipartimento scientifico - è intervenuta (parere 9/05/2012 n. 16) sulla gestione legale, contabile e fiscale dell'operazione di conferimento di azienda, con particolare riferimento al possibile disallineamento tra i valori (antecedenti) di perizia di stima e i valori rilevabili al momento in cui ha effetto la detta operazione straordinaria (successivi).
Tutta la questione, ampiamente dibattuta in dottrina, scaturisce dall'assenza di disposizioni specifiche e di precisi principi contabili, nell'ipotesi in cui alla data di conferimento dell'azienda i valori contabili risultino superiori rispetto a quelli indicati nell'atto notarile di conferimento, nel quale è stata omessa la clausola convenzionale di conguaglio del differenziale e sia stabilito l'ammontare di incremento del capitale sociale e delle eventuali riserve.
Il caso è piuttosto ricorrente nella pratica professionale e i redattori del documento partono da un concreto esempio che fa riferimento a un aumento di capitale per 50 mila euro e alla creazione di un fondo soprapprezzo di euro 20 mila, in presenza di un'azienda che, alla data di effetto dell'operazione, rileva un valore pari a 100 mila, con un incremento di 30 mila euro di valore dalla perizia di stima.
Per gli autori il maggior valore dovrebbe essere, preliminarmente, neutralizzato nei limiti del possibile, sviluppando la perizia a ridosso dell'atto notarile con il soggetto conferente che si astiene da compiere operazioni idonee a incidere in modo significativo sullo sviluppo dell'azienda e, se emergente (come nella maggior parte dei casi), inserito nei debiti della conferitaria verso la società conferente, giacché l'incremento è formato da utili in formazione nel periodo tra la data di perizia e gli effetti del conferimento stesso; un mancato riconoscimento del maggior valore, penalizza la conferente e rappresenta un mero «sciacallaggio da conferimento».
Nel caso preso in esame, però, la clausola di riconoscimento del maggior valore non viene presa in considerazione, con la conseguenza che in capo alla conferente il maggior valore (nell'esempio pari a 30 mila euro) potrebbe costituire anche una sopravvenienza passiva indeducibile, ma gli autori si allinea ad altra dottrina, confermando che detto valore va a formare il valore della partecipazione pari a 100 mila (50 mila di capitale, 20 mila euro di riserva e 30 mila euro di maggior valore).
In capo alla conferitaria, posto quanto detto sull'assenza di un debito nei confronti della conferenza, la differenza sarà, in presenza di un conferimento «modello trasformazione» appostata come «riserva da conferimento» (riserva di capitale, non tassata alla distribuzione), mentre in presenza di un conferimento neutrale, di cui all'art. 176, dpr n. 917/1986, il maggior valore dovrebbe essere iscritto come «sopravvenienza attiva» esentasse. Con riferimento agli adempimenti richiesti dal codice civile, gli autori ricordano la presenza delle disposizioni di cui al comma 3, dell'art. 2343 c.c. attraverso le quali, il legislatore ha previsto che entro i 180 dall'iscrizione al Registro delle imprese dell'atto di conferimento l'organo amministrativo proceda nella verifica delle valutazioni dei beni espresse dal perito, procedendo eventualmente a una revisione delle stesse in caso di valori modificati in misura sostanziale, gli autori ritengono che l'onere è posto a capo degli amministratori, ma resta possibile che la verifica sia esperita da periti anche esterni di fiducia dell'organo, con particolare riferimento a amministratori che non siano in possesso delle «cognizioni tecniche specifiche relativamente ai beni conferiti in natura», oggetto della stessa verifica.