
Costi di gestione troppo elevati. Nell'analisi dei vari strumenti di ingegneria finanziaria, la relazione rileva gli eccessivi costi di gestione dei fondi, a danno delle pmi. A questo, si abbina anche una scarsa trasparenza degli enti gestori su questo aspetto, cosa che rende difficile risalire ai reali costi di gestione. La relazione auspica quindi, per il futuro, una maggior trasparenza e una maggior attenzione sui costi applicati alle pmi beneficiarie.
Strumenti troppo frammentati generano ritardi. La relazione mette sotto accusa il sistema troppo frammentato. Secondo la Corte dei conti è infatti presente un sistema diffuso di delega per l'attuazione di strumenti finanziari cofinanziati a un largo numero di autorità pubbliche. Questo porta a frammentare l'importo di finanziamento del Fesr per un ampio numero di regioni Ue, pregiudicando la possibilità di raggiungere la massa critica dei fondi. Secondo la relazione sarebbe opportuno che l'intero importo a favore di uno stato membro fosse, almeno teoricamente, messo a disposizione di tutte le pmi all'interno di un unico quadro di intervento.
Scelte sbagliate se manca una valutazione del deficit di finanziamento. La Corte dei conti ritiene indispensabile che gli enti gestori dei fondi di ingegneria finanziaria effettuino una preventiva valutazione del deficit di finanziamento in modo da calibrare con più precisione gli strumenti. La relazione cita come esempio negativo il caso della Sardegna che, a detta della Corte dei conti, aveva dotato il proprio fondo di ingegneria finanziaria di risorse sproporzionate rispetto alle reali esigenze delle imprese, bloccando di fatto l'utilizzo di un'ingente quantità di risorse. La relazione riporta i numeri secondo cui, a metà 2011, solo 1,5 milioni di euro della dotazione totale di 233 milioni di euro risultavano impegnati a titolo di garanzia dal fondo sardo. Una semplice valutazione preventiva del deficit di finanziamento avrebbe potuto evitare questo errore nell'allocazione dei fondi.