
I dipendenti dell'impresa fallita di norma si trovano ad essere creditori di una o più retribuzioni non corrisposte nonché, in caso di risoluzione del rapporto, delle spettanze di fine rapporto (tfr).
In questa ipotesi, il primo passo che il lavoratore creditore deve compiere per salvaguardare i propri diritti è la presentazione al giudice fallimentare del tribunale competente di un ricorso per l'ammissione al passivo ai sensi dell'art. 93 legge fallimentare. Con tale atto il lavoratore chiede il pagamento di tutti i crediti vantati nei confronti del fallito allegando la relativa documentazione e il giudice fallimentare decide sulla sussistenza e sull'ammontare degli stessi. La gestione della pratica fallimentare passa poi al curatore fallimentare (sotto la vigilanza del giudice). I crediti sono di due categorie: quelli muniti di privilegio e quelli non muniti di privilegio (noti come chirografari). I crediti nascenti dal rapporto di lavoro rientrano nella prima categoria e dunque sono privilegiati rispetto ad altri. Nella procedura fallimentare accanto allo stato passivo si formerà (se possibile) uno stato attivo del fallimento (dato essenzialmente dalla vendita dei beni mobili e immobili di proprietà dell'impresa dichiarata fallita). Al termine delle operazioni, il giudice fallimentare procede alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo. L'attivo del ricavato del fallimento viene suddiviso fra i vari creditori con il seguente ordine:
1. pagamento delle spese comprese quelle anticipate dall'erario e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa (se è stata autorizzata);
2. pagamento dei crediti ammessi con privilegio;
3. pagamento dei creditori chirografari in proporzione dell'ammontare dei loro crediti.
Può accade che il lavoratore non venga interamente soddisfatto dei suoi crediti; tuttavia spesso accade che egli lo sia solo parzialmente. In quest'ultimo caso, sempre più frequente, il lavoratore presenta domanda al Fondo di garanzia istituito presso l'Inps per recuperare i propri crediti.
Il Fondo di garanzia dell'Inps provvede al pagamento del trattamento di fine rapporto e delle ultime tre mensilità della retribuzione in sostituzione del datore di lavoro insolvente, nonché interviene in caso di omissione di contribuzione del datore di lavoro insolvente al fondo di previdenza complementare.
Detta procedura interessa tutti i lavoratori dipendenti di aziende private che abbiano cessato un rapporto di lavoro subordinato.
Il Fondo corrisponde per l'intero tfr dovuto dal datore di lavoro nella misura in cui risulta ammesso nello stato passivo della procedura concorsuale o più in generale accertato giudizialmente.
Per gli altri crediti la garanzia del Fondo copre le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro a condizione che rientrino nei 12 mesi che precedono:
a)la data della domanda diretta all'apertura della procedura concorsuale a carico del datore di lavoro se il lavoratore ha cessato il proprio rapporto prima della procedura stessa;
b)la data del deposito in Tribunale del ricorso per la tutela dei crediti di lavoro, nel caso in cui l'intervento del Fondo avvenga a seguito di esecuzione individuale.
Il Fondo Inps corrisponde interessi e rivalutazione monetaria dalla data di presentazione della domanda a quella di effettivo pagamento.
Le somme corrisposte dall'Istituto non possono essere superiori a un importo pari a tre volte la misura massima del trattamento cigs al netto delle trattenute previdenziali ed assistenziali.
Infine andrà ricordato che in termini pratici la procedura relativa è molto elaborata ed i tempi per l'effettivo incasso di quanto richiesto dai lavoratori alle volte supera abbondantemente l'anno.