
Il risultato di tale impianto normativo e le prospettive dei servizi professionali nei principali Paesi dell'Unione europea sono contenuti nella pubblicazione dal titolo Il lavoro negli studi professionali. Quadro normativo, modelli organizzativi, tipologie contrattuali in Italia, Francia, Germania e Regno Unito. Si tratta del primo volume della collana «I quaderni di Confprofessioni», che raccoglie i risultati di una ricerca comparata sulle tendenze evolutive nel settore delle libere professioni, curata dal professor Michele Tiraboschi e realizzata dal gruppo di ricerca di Adapt (Associazione per gli Studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali).
L'input che sta alla base dell'opera nasce dall'esigenza di comprendere e approfondire il fenomeno del lavoro all'interno degli studi professionali, nelle sue più ampie manifestazioni e modelli gestionali presenti in Paesi omogenei per struttura e dimensione all'Italia. Un lavoro di ricerca e di analisi che trae origine dalla consapevolezza di fornire un contributo autorevole e imparziale al dibattito che ruota intorno al futuro assetto delle attività intellettuali in Italia e in Europa. Il processo di liberalizzazione che ha investito le professioni italiane negli ultimi mesi si pone l'obiettivo di armonizzare crescita economica e coesione sociale ed è destinato a modificare profondamente il quadro normativo, i modelli organizzativi e le tipologie contrattuali che fino a oggi hanno regolamentato l'attività e la struttura degli studi professionali in Italia. In questo solco si inserisce la strategia politica di Confprofessioni, che persegue il duplice obiettivo di coniugare la tutela dei legittimi interessi dei liberi professionisti con il miglioramento del sistema economico e sociale del Paese.
Da questa premessa discende l'attenzione e la volontà di approfondire le tematiche legate all'esercizio della libera professione, che trova nella ricerca curata dal professor Tiraboschi un significativo punto di partenza. Con questa chiave di lettura, il lavoro diventa un fattore critico di successo per lo sviluppo degli studi professionali in un contesto economico fortemente connotato dalla competitività e dall'innovazione. Tuttavia, qualsiasi ipotesi di apertura del mercato non può prescindere da un aumento della qualità dei servizi professionali, che si sostanzia attraverso il potenziamento degli strumenti di lavoro e l'adeguamento tecnologico delle strutture organizzative interne agli studi professionali, come conferma l'analisi del gruppo di ricerca di Adapt.
Se ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica sono al centro della strategia dell'Europa 2020 quale strumento di incremento della produttività del mercato, la gestione consapevole di questo processo richiede anche di potenziare le risorse umane, attraverso il perfezionamento dei sistemi di associazionismo e dei correlati obblighi di formazione continua. Ma anche attraverso un processo di qualificazione sostanziale delle professioni e dei professionisti. Ciò significa valorizzazione delle competenze, dell'esperienza e della tecnica concretamente acquisite nel tempo. E ancora realizzare un più efficace raccordo tra i percorsi di studio e l'ingresso nel settore professionale di riferimento.
In questo contesto il Ccnl degli studi professionali diventa lo strumento organizzativo peculiare in grado di contemperare le esigenze di rinnovamento del mercato con le istanze più immediate dei liberi professionisti e dei loro collaboratori. Il Ccnl può infatti prevedere un welfare negoziale in grado di offrire un ampio ventaglio di tutele attraverso l'azione partecipata degli enti bilaterali. La contrattazione decentrata ancora di più. Il paradigma evolutivo sopra ipotizzato non dovrebbe però prescindere da una valutazione sul benessere e sulla soddisfazione dei consumatori. Esso dovrebbe garantire che il mercato dei servizi professionali possa fornire il meglio ai consumatori in termini di prezzi, innovazione tecnologica, metodologica e di modelli organizzativi e qualità e varietà dei servizi. Il problema dunque non è solo quello di salvare gli ordini professionali da presunti tentativi di abolizioni, né tantomeno di ostracizzare la liberalizzazione tout court, ma di capire il modello professionale che scaturirà dalla riforma prossima ventura.