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Consulenza fiscale, basta essere chiari con i clienti

del 27/03/2012
di: Gabriele Ventura
Consulenza fiscale, basta essere chiari con i clienti
Nell'ambito della consulenza fiscale, se non si è iscritti a un ordine professionale bisogna sempre esplicitarlo. Insomma, alla lettura della sentenza della Cassazione (n. 11545 del 23 marzo scorso), che stabilisce che gli atti e gli adempimenti delle professioni regolamentate sono riservati ai soli iscritti agli albi (si veda ItaliaOggi del 24 marzo), una cosa appare evidente: è necessaria la massima trasparenza sullo status professionale. Per i commercialisti, infatti, i giudici delle sezioni unite penali mettono in chiaro che il tributarista, o chi svolge attività di consulenza fiscale senza essere iscritto a un ordine, deve esplicitare in modo inequivocabile che non ha un albo di riferimento. Per i tributaristi, invece, la sentenza non riguarda chi esercita la propria attività dichiarandosi espressamente per quello che è: se afferma esplicitamente di essere un tributarista iscritto a un'associazione non regolamentata, di conseguenza non può ingenerare confusione nella clientela sulle sue qualifiche. Ma vediamo le reazioni nel dettaglio.

Commercialisti. Secondo Enrico Zanetti, vicepresidente dell'Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, la sentenza della Cassazione «ha messo in chiaro che anche le attività professionali senza carattere di riserva costituiscono comunque un'attività caratteristica specifica di quelle professioni che la svolgono. Quindi, diciamo che chiarisce una volta per tutte che quel tipo di attività sono regolamentate e riconducibili a una specifica qualifica professionale esistente». «Questo», continua Zanetti, «mette la parola fine a qualsiasi ragionamento su ipotesi di riconoscimento di associazioni i cui aderenti svolgono attività caratteristiche dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Un altro punto importante della sentenza è laddove afferma che chi vuole comunque svolgere quel tipo di attività professionale lo può fare purché espliciti in modo inequivoco di non essere iscritto a un albo. Il che rappresenta un passaggio in più rispetto al mero divieto di utilizzo di un titolo professionale in modo indebito».

Tributaristi. Secondo le principali associazioni dei tributaristi, la sentenza ribadisce quanto affermato da sempre dal mondo dei senz'albo: e cioè che bisogna sempre dichiararsi per quello che si è. «La tesi della sentenza è quella da sempre sposata dall'Int», afferma il presidente, Riccardo Alemanno, «bisogna sempre ribadire su carta intestata le proprie abilitazioni professionali, evidenziando che si è tributaristi e non commercialisti o qualcosa di simile. L'esercizio abusivo della professione è infatti collegato al fatto di lasciar trapelare di essere quasi commercialisti. Noi dobbiamo invece ribadire il nostro titolo di tributarista, con tutta la sua valenza in campo sociale ed economico». «Insomma», conclude Alemanno, «bisogna dire sempre quel che si è onde evitare confusione con altre categorie professionali. La Cassazione ha inserito uno spartiacque che da un lato garantisce l'ordine, ma dall'altro rafforza il ruolo delle associazioni, alle quali il tributarista si iscrive volontariamente per affermare in modo inequivocabile la propria qualifica. La chiarezza deve essere assoluta». Anche a parere del presidente della Lapet, Roberto Falcone, la sentenza «non comporta alcuna preclusione a chi eserciti, con continuità e organizzazione, attività di tenuta di contabilità e dichiarazioni fiscali, espressamente e dichiaratamente come tributarista e, dunque, per un titolo diverso dall'iscrizione all'albo degli esperti contabili, rendendo tale titolo oggettivamente palese e, quindi, senza ingenerare alcun affidamento nella clientela e nei terzi». Mentre Luigi Pessina, presidente dell'Ancit, afferma che «la sentenza non fornisce con chiarezza inequivocabile una risposta definitiva all'annosa questione. Il richiamo costante fatto dalla Corte alla linea Notaristefano appare troppo letterale mentre necessitava invece di un preciso inquadramento temporale».

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