
Il Pd si appella, invece, al governo affinché definisca «una cornice di regole unitarie contrattuali per il comparto dei trasporti, attraverso la convergenza e la sottoscrizione da parte di tutte le organizzazioni datoriali e dei lavoratori di un nuovo contratto collettivo nazionale della mobilità»; sollecitazione necessaria, osserva Michele Meta, poiché con il provvedimento sulle liberalizzazioni «viene a cadere l'obbligo del rispetto dei contratti collettivi nazionali di settore per le imprese ferroviarie e le associazioni internazionali di imprese ferroviarie svolgenti servizi di trasporto di merci, o di persone sulla rete ferroviaria nazionale».
Sul dl, però, pende la spada di Damocle della mancata copertura finanziaria di alcuni capitoli (si veda ItaliaOggi di ieri), rilevata dalla ragioneria generale dello stato la scorsa settimana e sottoposta alla commissione bilancio, che pure ha dato il via libera al testo. Dopo che il ministro per i rapporti con il parlamento Piero Giarda ha chiarito che la parola spetta al dicastero dell'economia («Dovrà dare una risposta», ha detto ai giornalisti uscendo dall'emiciclo), la palla è passata alla giunta per il Regolamento di Montecitorio, dopo che la questione era finita sul tavolo della conferenza dei capigruppo della camera. Un inciampo non trascurabile per il governo: il presidente dell'assemblea Gianfranco Fini l'ha definito «insensibile alle richieste di chiarimento». E i deputati leghisti e dell'Idv si sono appellati al Quirinale, criticando la scelta di blindare un testo sui cui contenuti non si è fatta piena luce.