
Nell'appello bis la Corte di Napoli ha però escluso nuovamente il patteggiamento. Ieri la Suprema corte di cassazione, ha confermato, con una sentenza destinata alla massimazione ufficiale, la decisione, rendendola definitiva.
«Stando così le cose», si legge nelle motivazioni, «legittimamente la Corte territoriale, chiamata dalla Cassazione a valutare se il rigetto della richiesta di applicazione della pena da parte del Tribunale poteva ritenersi giustificato, ha chiaramente considerato giustificata la decisione del Tribunale laddove detto giudice aveva valutato la pena richiesta come inadeguata anche per la gravità del fatto e non solo per la ritenuta insussistenza dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen.». Valutazione poi fatta propria dalla stessa Corte partenopea che, in sede di rinvio – dopo aver ricordato che anche in appello l'imputato ha diritto a vedersi applicare la riduzione della pena allorquando il giudice dell'impugnazione riconosce che la richiesta di applicazione della pena era fondata – ha anch'essa «evidenziato la gravità del fatto sottolineando in particolare, come sopra ricordato nella parte narrativa le modalità del fatto e la notevole differenza di età tra l'imputato e la parte lesa: e al riguardo si tratta di apprezzamento di merito privo di qualsiasi connotazione di illogicità, e pertanto incensurabile in questa sede». Dunque ora che il verdetto è diventato senza appello l'anziano sconterà cinque anni di carcere.