Ritornano i contratti di docenza a titolo gratuito nelle università. Dopo essere usciti dalla porta principale grazie alla legge di riforma universitaria (legge 240/10), gli insegnamenti a costo zero o comunque sottopagati dagli atenei, infatti, rientrano dalla finestra con il decreto legge sulle semplificazioni (dl 9 febbraio 2012 n. 5, in G.U. n. 33, supplemento ordinario n. 27) che, tra le varie norme, smonta proprio alcuni pezzi del provvedimento voluto dall'ex ministro Mariastella Gelmini. L'articolo 23, comma 1, sui contratti per «esperti di alta qualificazione», infatti, reintroduce la possibilità per le università di stipulare contratti di insegnamento a «titolo gratuito o oneroso di importo coerente con i parametri stabiliti». Si tratta degli stessi contratti della durata di un anno, rinnovabili fino ad un massimo di cinque, previsti dalla riforma Gelmini e destinati ad esperti in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale. Rispetto alla precedente formulazione spariscono però tutte quelle indicazioni vincolanti, contenute nella stessa legge universitaria e finalizzate a contenere il ricorso sistematico alle docenze a contratto, gratuite o sottopagate. Nel nuovo testo, infatti, è stato rimosso il vincolo di destinare i contratti d'insegnamento, gratuito o oneroso, ad esperti che siano dipendenti da altre amministrazioni, enti o imprese, ovvero titolari di pensione, ovvero lavoratori autonomi in possesso di un reddito annuo non inferiore a 40 mila euro lordi così come quello di stipulare i contratti d'insegnamento gratuito esclusivamente con soggetti in possesso di un reddito da lavoro autonomo o dipendente. Non solo, perché in virtù della liberalizzazione, decade anche il vincolo di stabilire a priori, e per tutti gli atenei, il trattamento economico spettante. Il contratto di docenza, infatti, negli ultimi anni era stato uno strumento diffuso in moltissimi atenei italiani che, in assenza di docenti di ruolo, ricorrevano a questa modalità per cercare di garantire comunque l'offerta formativa. Non sono noti con esattezza i numeri di questi contrattisti ma si sa che, nelle università italiane, i volontari in cattedra sono sempre di più. Anche perché più si sono ridotti i fondi assegnati alle università, più è aumento il plotone di coloro che hanno accettano di insegnare anche senza vedere un solo euro in cambio.