
Il caso. In sede di approvazione del bilancio 2008, una s.p.a. aveva deciso di distribuire ai soci un dividendo, versato in parte in denaro (0,15 euro per azione) e in parte in natura (un'azione ordinaria ogni 25 possedute). La distribuzione dei titoli avveniva prelevando le azioni proprie già in portafoglio della società. L'istante considerava l'assegnazione di azioni proprie come dividendo, con presumibile tassazione in capo ai soci del valore normale dei titoli distribuiti. Alla luce della risoluzione n. 26/2011, pertanto, la società avrebbe dovuto modificare il prospetto del capitale e delle riserve riportato nel quadro RF del modello Unico, presentando una dichiarazione integrativa. Tuttavia, non condividendo l'opinione del fisco, la s.p.a. chiedeva alle Entrate di riesaminare detta interpretazione, affermando che l'assegnazione di azioni proprie non costituisce in ogni caso utile per i soci beneficiari (in quanto operazione priva di effetti reddituali).
I chiarimenti. L'Agenzia, richiamando le disposizioni in materia di acquisto di azioni proprie di cui all'articolo 2357 c.c., sottolinea che l'acquisto di azioni proprie incide sul capitale sociale in termini di restituzione dei conferimenti ai soci che decidono di recedere. Sul punto, i principi contabili internazionali Ias/Ifrs affermano che l'acquisto di azioni proprie determina una riduzione del capitale, da effettuare sulle singole poste del patrimonio oppure contabilizzando una posta di rettifica di segno meno nel patrimonio netto. I principi contabili nazionali, invece, dispongono che le azioni proprie siano registrate tra le attività patrimoniali, con iscrizione di una riserva di pari importo nel patrimonio netto (indisponibile fino allo smobilizzo dei titoli). Nonostante tale divergenza, spiegano le Entrate, nella sostanza l'operazione resta puramente patrimoniale. Al momento dell'assegnazione di azioni proprie acquistate sopra la pari, la quota della citata riserva impiegata per “coprire” l'aumento gratuito di capitale è uguale al valore nominale dei titoli (l'eccedenza è infatti una mera posta di rettifica). La successiva riduzione del capitale, perciò, dovrà essere imputata in primis alla quota di capitale derivante da passaggi di riserve di utili a capitale. Configurando così, ai sensi dell'articolo 47, comma 6 del Tuir una distribuzione di dividendi per la parte di utili (o riserve di utili) “cristallizzata” nel capitale sociale.