
In base ai ritocchi, fino al 2017 i «precoci» potranno andare in pensione con 42 anni di contributi (41 anni e un mese per le donne) anche se non avranno compiuto i 62 anni, e nel conteggio del periodo lavorativo rientreranno anche l'eventuale astensione per maternità, infortunio, malattia, nonché la cassa integrazione ordinaria; per i circa 10 mila «esodati», invece, varranno ancora le vecchie regole, un intervento necessario poiché dopo la riforma previdenziale del governo Monti, non contando più l'intesa sottoscritta di incentivo a lasciare il posto, sarebbero rimasti sia senza pensione, sia senza lavoro. Accolte, poi, le modifiche proposte, fra gli altri, da Giuseppe Marinello (Pdl) e Nino Lo Presti (Fli) che consentiranno agli istituti pensionistici privatizzati di godere di una proroga di tre mesi (il limite è spostato dal 30 giugno al 30 settembre 2012) per attuare provvedimenti per assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni, in base a bilanci tecnici con una sostenibilità a cinquant'anni; una «importante apertura e un segnale di attenzione alle problematiche delle casse» da parte dell'esecutivo, dice a ItaliaOggi Andrea Camporese, presidente dell'associazione che le raggruppa, l'Adepp, che guarda con interesse all'audizione, fissata per il 25 gennaio, di Fornero nella bicamerale di controllo sugli enti di previdenza. Confermata, infine, per l'anno in corso la franchigia nel pagamento delle tasse per i cittadini italiani che lavorano a San Marino e nel principato di Monaco, sebbene con un taglio da 8 a 6,7 mila euro; in assenza di accordi con i due stati, infatti, i connazionali sono tenuti a versare due volte le imposte, perciò è stata concessa un'esenzione, scaduta nel 2011.