
Infine, nel 2011 il dl n. 138 all'art. 3 ha previsto l'abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche, confermando il principio per cui le attività economiche sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge, ossia in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione, dell'ordinamento comunitario, o per quelle attività per cui sussistano ragioni di interesse pubblico connesse alla tutela della salute umana. «Se il legislatore dunque ha inteso intervenire ancora una volta sulla materia, è perché a oggi le attività economiche hanno la necessità di essere liberate da tutti quegli adempimenti inutili che, purtroppo, gravano sull'avvio e gestione di una qualsiasi attività economica, ivi comprese quelle professionali», ha dichiarato Falcone. Con l'art. 34 infatti vengono a essere abrogate le restrizioni previste dalle norme vigenti «al fine di garantire la libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l'ordinamento comunitario, che possono giustificare l'introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità». Si legge però al comma 8 che dall'applicazione di tale principio sono escluse, tra le altre, le professioni.
«È facile intuire che tale restrizione non corrisponde a una interpretazione pienamente conforme ai principi delineati. Assistiamo dunque a un chiara contraddizione, tanto per quanto attiene la promozione e la tutela della concorrenza, quanto perché contraria alla recente risoluzione del Parlamento Europeo rivolta all'eliminazione di ogni barriera alla libera attività dei professionisti, attraverso la previsione di una riduzione, da parte degli stati membri, del numero totale delle professioni regolamentate (a esclusione di quelle del settore sanitario e di pubblica sicurezza)», ha evidenziato il presidente. Inoltre occorre considerare che, in base all'art. 35 del dl Monti, l'Antitrust è «legittimata ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti e i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato». I poteri dell'Antitrust dunque si ampliano anche sul fronte dell'attività istituzionale, diventando quindi obbligatorio il suo parere sui disegni di legge governativi e sui regolamenti che introducono restrizioni all'accesso o all'esercizio di attività economiche. «A tal riguardo l'Antitrust si è sempre dichiarata a favore della concorrenza finalizzata al benessere del consumatore, in un'ottica di stretta integrazione europea. Pertanto, l'esclusione delle professioni sicuramente non va nella direzione delineata dalla legislazione comunitaria», ha concluso Falcone. «Auspico dunque che vengano apportate le opportune modifiche, segnando definitivamente il de profundis delle riserve all'accesso e all'esercizio delle attività economiche e professionali. Diversamente, ancora una volta, anche questa norma, rimarrà una mera enunciazione di principio, con l'irreparabile conseguenza di soffocare sul nascere le attese di sviluppo».