
Ad avviso della sezione lavoro, «lo sconcerto per il comportamento ostruzionistico della Cassa e la necessità di promuovere un'azione legale possono essere astrattamente idonei per l'insorgenza di un danno non patrimoniale ove si traducano in una grave violazione dei diritti inviolabili della persona -, sempreché sia provato e, prima ancora, allegato, ad onere della parte istante, l'atteggiarsi in concreto della lesione in termini di violazione dell'integrità psicofisica ovvero di nocumento delle generali condizioni di vita personali e sociali». Al contrario, nel caso all'esame, la genericità del mero riferimento svolto nella sentenza allo «stress» conseguente alla necessità di intraprendere un'azione legale si traduce nella sostanziale affermazione di un danno in re ipsa, «con conseguente violazione dei principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza a Sezioni Unite in tema di risarcimento del danno non patrimoniale e, in particolare, di quelli concernenti la necessità dell'esistenza di un grave danno, cagionato da fatto illecito, a diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale, e dell'allegazione, da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere in concreto l'esistenza e l'entità del pregiudizio». In altri termini la Cassazione ha negato il ristoro al geometra che aveva sostenuto, secondo quanto da lui stesso dichiarato nel ricorso, un forte stress per non aver percepito la pensione entro i termini e soprattutto per aver affrontato una causa finalizzata al raggiungimento di un diritto. Ciò perché ad avviso degli Ermellini, il danno, in questi casi, non è in re ipsa ma va dimostrato e correlato alla violazione di un diritto costituzionalmente garantito.