
L'accertamento si basava sul contenuto di un processo verbale di constatazione redatto dalla guardia di finanzia, nel quale si contestava ad una società cooperativa l'indebita detrazione dell'Iva a causa della mancata conservazione delle fatture emesse nei confronti degli allevatori che fornivano il latte per la successiva lavorazione, operazioni la cui traccia documentale era costituita soltanto dai dati inseriti nel sistema informatico aziendale. Più precisamente, come emerge dal seguito della sentenza, le operazioni consistevano in passaggi di prodotti agricoli dai produttori soci alla cooperativa, in relazione ai quali la cooperativa si era avvalsa della possibilità, prevista dall'art. 34, comma 7, del dpr 633/72, di emettere essa stessa le fatture per conto dei produttori soci, delle quali non aveva però conservato l'esemplare di propria spettanza. Secondo la cassazione, questa disposizione attua un meccanismo di inversione contabile, per cui possono trovare ingresso i principi statuiti dalla corte di giustizia Ue con la sentenza dell'8 maggio 2008, C-95/07. Con questa sentenza, il giudice comunitario ha stabilito che, nel caso in cui l'Iva venga applicata con il meccanismo dell'inversione contabile, ossia dallo stesso destinatario in qualità di debitore dell'imposta, l'inosservanza degli obblighi formali non può comportare la decadenza del diritto alla detrazione. Nella fattispecie, per il vero, è discutibile l'accostamento al regime dell'inversione contabile. Non di meno, la corte suprema ha ritenuto di poter applicare i suddetti principi, dichiarando infondata la pretesa erariale.