
Le ragioni
In effetti la posizione del presidente nazionale della categoria è fondata su indubbie argomentazioni giuridiche. Non si può ipotizzare che un provvedimento disciplinare, quale la sospensione per un certo periodo di tempo del professionista dall'esercizio dell'attività professionale, venga comminata da un soggetto diverso dall'ente preposto alla gestione dell'ordine stesso. Non è possibile ipotizzare che il consiglio dell'ordine sia ridotto al ruolo di mero esecutore dei provvedimenti disciplinari emessi nei confronti dei propri iscritti da un soggetto terzo quale l'agenzia delle entrate. Solo dopo un regolare provvedimento disciplinare, ha puntualizzato Siciliotti, nel quale sia correttamente garantito il diritto di difesa dell'iscritto, sarà possibile, qualora sussistano le circostanze per lo stesso, emettere un provvedimento di sospensione. Per la verità della stessa efficacia della disposizione normativa in commento si era dubitato fina da subito. Gli stessi vertici dell'agenzia delle entrate avevano manifestato perplessità sulla concreta possibilità di emettere provvedimenti disciplinari a carico del professionista iscritto in albi quale sanzione accessoria di un accertamento fiscale. Ora contro la possibilità di dare attuazione a quella precisa disposizione normativa si schiera anche il presidente dei commercialisti il quale, senza mezzi termini, si è dichiarato disposto ad innalzare delle vere e proprie “barricate” per impedire l'attuazione di una tale iniqua sanzione. Il rischio dunque è che la norma sia di fatto priva di effetti. Se il professionista non ha certificato i corrispettivi ricevuti dai clienti sarà sanzionato secondo le vigenti disposizioni tributarie ma la sanzione accessoria della sospensione dall'albo resterà di fatto lettera morta. Un difetto di attribuzioni che potrebbe dunque costare caro al legislatore che avrebbe voluto punire i professionisti iscritti in albi alla stregua degli esercenti attività di commercio al minuto.