
I ricercatori del sindacato di corso d'Italia segnalano che laddove la domanda premia le professioni meno qualificate e qualificanti e dove, anche per questa ragione, trova spazio la manodopera immigrata, spesso meno costosa per chi offre un impiego e con insufficienti tutele, la perdita di lavoro interessa soprattutto chi è poco scolarizzato (-688 mila occupati fra chi ha al massimo la licenza media), chi è già impegnato in attività imprenditoriali (-91 mila), tecniche (-125mila) o impiegatizie (-111 mila), nonché in attività manifatturiere, sia quelle semiqualificate (-146 mila) che quelle a maggiore specializzazione (artigiani, operai specializzati, agricoltori, -247 mila). Penalizzate le figure più deboli, «culturalmente meno attrezzate», gli occupati che vantano un titolo universitario, pari a poco meno di quattro milioni nel 2010, restano sostanzialmente stabili nel corso del biennio preso in esame: la diminuzione maggiore in termini relativi interessa imprenditori e dirigenti (-47 mila), quella più elevata in numero assoluto investe le professioni intellettuali e scientifiche (-56 mila), mentre quelle tecniche reagiscono meglio alla congiuntura negativa (+43 mila), e gli impiegati fanno addirittura un consistente passo in avanti (+64 mila).
Lo studio, inoltre, accesi i riflettori sul primo semestre 2011, sottolinea una ripresa delle assunzioni, però grazie alle sole posizioni di tempo determinato, mentre il lavoro standard continua ad erodersi: lo dimostrano chiaramente le dinamiche in corso in una buona fetta del Centro-Nord della Penisola (otto regioni e due province autonome), dove le attivazioni a tempo indeterminato rappresentano una quota decrescente dei nuovi contratti, essendo calati dal 23,6% del 2008 al 18,9% del 2010. La fascia che va dai 15 ai 34 anni è senza dubbio la meno fortunata, poiché nel giro di due anni si enumerano 854 mila occupati in meno, vale a dire il 12% dei sette milioni 110 mila stimati nel 2008.