
Contrasto fra giudici
La statuizione del giudice del merito che compensa le spese deve sempre trovare un minimo supporto in motivazione, anche se non servono argomentazioni ad hoc per tale provvedimento: essa risulta censurabile in cassazione quando la motivazione è illogica al punto da inficiare il processo decisionale del giudice. La commissione tributaria regionale, nella specie, boccia il ricorso delle Entrate ma disapplica la regola della soccombenza per due motivi: primo, il contribuente lascia passare troppo tempo - addirittura nove anni - fra l'istanza di rimborso e il ricorso in primo grado, legittimando il sospetto che egli intenda lucrare su interessi e rivalutazione; secondo, l'appello principale proposto dall'avvocato, interessato l'omessa pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese, ha reso intempestivo l'appello autonomo dell'amministrazione finanziaria, essendo spirato il termine per il gravame incidentale. I giudici di legittimità confermano la decisione ma correggono la motivazione ex articolo 348 cpc: prima dell'intervento delle Sezioni unite c'era un orientamento giurisprudenziale secondo cui l'omessa pronuncia sull'istanza di distrazione costituiva un vero e proprio vizio della sentenza; insomma: la questione del rimedio esperibile, all'epoca della sentenza d'appello, risultava effettivamente incerta. È giusto allora compensare le spese, anche se con motivazione diversa da quella addotta dal giudice del merito.