L'ammontare del mutuo superiore al prezzo indicato nel rogito non è sufficiente, da solo, a provare la sottofatturazione, ossia la vendita parzialmente »in nero» dell'immobile. Sono necessari altri elementi di supporto per raggiungere la prova del fatto contestato. Tra questi, le dichiarazioni rilasciate dagli acquirenti riguardo alla veridicità del corrispettivo pagato sono utile elemento di prova e possono essere liberamente valutate dal giudice, sebbene le testimonianze siano escluse per legge dal processo tributario. È quanto ha affermato la Ctr Emilia Romagna con la sentenza n. 75/20/11. Il verdetto si allinea a un'analoga interpretazione fornita dalla Ctr Lombardia. Una società attiva nel campo dell'edilizia era stata raggiunta da accertamenti ai fini Iva e Irap, contro i quali aveva presentato ricorso, sostenendo, tra l'altro, che i dati bancari relativi ai mutui contratti dagli acquirenti costituissero solo una presunzione semplice (articolo 1 della legge n. 244/2007). I finanziamenti, infatti, erano stati stipulati prima del 4 luglio 2006, data di entrata in vigore dell'articolo 35 del dl n. 223/2006, che consente all'ufficio di determinare il valore dell'immobile ai fini Iva in base all'importo del mutuo erogato. Inoltre, secondo la società, le quotazioni Omi e le informazioni acquisite in contraddittorio con gli acquirenti non confermavano le tesi dell'ufficio. A eccezione di un caso, nel quale il compratore aveva ammesso la sottofatturazione, gli altri acquirenti avevano giustificato il maggior importo del mutuo rispetto al prezzo risultante in atto con la necessità di dotare l'abitazione di migliorie e impianti di condizionamento. Annullati in primo grado gli accertamenti, l'Agenzia delle entrate ricorreva in appello. Secondo la Ctr emiliana, però, lo scostamento tra importo dei mutui e valore dichiarato in rogito di per sé non è sufficiente a «reggere» la rettifica del prezzo. È indispensabile che i verificatori acquisiscano ulteriori elementi, anche in sede di contraddittorio coi compratori, pena l'annullamento delle rettifiche. Il collegio, infatti, conferma la sentenza impugnata, eccezion fatta per il caso del compratore che ha ammesso il prezzo «ufficiale» sottodimensionato: con riguardo a tale fattispecie, l'accertamento in capo alla società è valido.