Difetti di coordinazione. Che si possa parlare ancora di un sistema semplificato è un vero e proprio paradosso: oltre dieci condizioni di ammissioni al regime, regole particolari da rispettare, rettifiche Iva, condizioni temporali rigide e promiscuità di due sistemi, quello degli attuali minimi e delle nuove iniziative produttive, che è evidente come non siano stati affatto coordinati tra loro.
In realtà l'obiettivo è stato solo quello di tagliare un'agevolazione, ma allora era molto meglio abrogarla e cercare di crearne una nuova razionale e coerente: il tutto non dimenticando che peraltro si tratta di soggetti che non possono superare i 30 mila euro di ricavi o compensi con l'ovvia conseguenza di essere anche «marginali» dal punto di vista economico. Prevedere una simile mole di complicazioni, che richiede un'adeguata consulenza, per una posta in gioco effimera è davvero un controsenso.
Partecipazioni societarie. Sul fronte delle partecipazioni societarie peraltro si è raggiunto davvero il colmo. Da un lato l'attuale regime dei minimi già è confusionario, in quanto prevede che non siano ammessi a tale regime coloro che partecipano «contestualmente» a società di persone ovvero a srl trasparenti e, inoltre, che la detenzione della partecipazione, almeno potenzialmente, dovrebbe essere anche una causa di cessazione del regime dall'anno successivo. Dall'altro, volendo coordinare le due previsioni (comma 96 e 111), si sarebbe dovuto concludere che un soggetto non può essere «minimo» se detiene una partecipazione, ma se invece accede al regime ed «attiva» la partecipazione in corso d'anno, la fuoruscita dovrebbe aversi dall'anno successivo. L'amministrazione finanziaria ha invece scelto una via più rapida: in pratica rileva solo il comma 96 ed in particolare nello stesso periodo d'imposta non possono registrarsi la titolarità di un reddito da «minimo» ed un reddito di partecipazione (risoluzione n. 146 del 2009), mentre dall'anno successivo non vi sono problemi.
Pertanto, chi cessa di partecipare ad una società di persone o ad una srl trasparente entro il 2011 potrà avviare un'attività da super-minimo il prossimo anno. Ciò però a condizione di rispettare la nuova causa di esclusione prevista dalla lettera a) del comma 2 dell'art. 27 del dl 98/11 (oltre ovviamente al rispetto di ogni altra condizione prevista dal legislatore), ossia il non aver esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività, altra attività professionale o d'impresa, anche in forma associata o familiare.
A tale riguardo, la stessa Agenzia delle entrate ha precisato, con la circolare n. 59 del 2001, che essere stato socio accomandante di una sas o socio di una srl nel triennio precedente non costituisce ostacolo al regime in quanto «occorre far riferimento all'effettivo esercizio dell'attività d'impresa o di lavoro autonomo svolta in concreto dal socio. Pertanto, se il soggetto è stato socio accomandante di sas o socio in srl, egli può ugualmente fruire del regime agevolato purché non abbia svolto, nei tre anni precedenti, attività di gestione all'interno della società, dopo il conferimento di solo capitale». In pratica, l'importante è non aver avuto un ruolo decisionale nella società.
Dall'insieme delle disposizioni dunque deriva che: il socio accomandante può accedere al regime il prossimo anno se entro il 31 dicembre cessa la partecipazione e lo stesso dicasi per il socio della srl trasparente; il socio della srl non trasparente non ha problemi di cessione della partecipazione, potendo tranquillamente avviare l'attività rientrante nel regime dei minimi.
Collaboratori d'impresa. Resta infine il problema dei collaboratori dell'impresa familiare. La circolare n. 7 del 2008, in risposta al quesito 2.11, chiaramente afferma che il collaboratore non ha limitazioni all'accesso al regime dei minimi, non essendovi alcuna preclusione normativa. La nuova causa di esclusione di cui alla citata lettera a), invece, richiama lo svolgimento di un'attività nel triennio precedente anche in forma «associata o familiare».
Posto, però, che in riferimento all'attività svolta in forma societaria la circolare n. 59 del 2001 ha come visto chiarito che non sussistono cause di esclusione per i soci che non svolgono un'attività di gestione, sembra di potersi concludere che anche il collaboratore familiare non debba avere esclusioni dal momento che certamente non è colui che ha «potere decisionale» nella conduzione dell'impresa. Al dunque, l'insieme delle condizioni dovrebbe essere letto nel modo seguente: se il titolare della nuova attività interessata ai minimi è stato titolare di un'impresa familiare nel triennio precedente allora sussiste la causa di esclusione; di contro, se trattasi del collaboratore, non vi è la causa di esclusione e peraltro il nuovo minimo può anche continuare la sua attività nell'impresa familiare.