
In questo scenario si inserisce adesso l'Agenzia delle entrate. Secondo quanto filtra, infatti, la direzione centrale accertamento si è già mossa per dare impulso a una meticolosa azione di screening che dovrà essere portata avanti dalle singole direzioni regionali delle Entrate, presso le quali in questi momenti si susseguono le riunioni. Quello che andrà fatto, in sostanza, è un autentico censimento di tutte le posizioni archiviate e riposte in magazzino nel 2002: verbali e verifiche relative a rilievi che non si sono tradotti in accertamento per effetto dell'adesione alla sanatoria dell'Iva, ma anche posizioni in cui non ci sono stati rilievi istruttori messi chiaramente nero su bianco. Casi, questi ultimi, in cui le società possono aver giudicato conveniente aderire al condono per evitare passivi futuri e imprevedibili. Ora, l'obiettivo di tutta questa cernita, sulla base delle indicazioni giunte da via Cristoforo Colombo, è quello di selezionare le situazioni in cui i contribuenti hanno aderito alla sanatoria versando gli importi maggiori. E da queste società, infatti, che è possibile recuperare le somme più ingenti. Va tenuto presente, a tal proposito, che il condono Iva copriva 5 anni d'imposta (dal '98 al 2002) e ha consentito allo stato di incassare circa 3 miliardi di euro. Il tutto a fronte del versamento del solo 1% di tutto l'ammontare evaso, che di conseguenza è calcolabile in 300 miliardi, 60 all'anno. Importi rilevanti, che a prescindere dall'effettiva possibilità di essere recuperati, hanno messo l'Agenzia di Befera sull'attenti. Se infatti il Fisco non si muove per recuperare questo potenziale bendidio, da dietro l'angolo potrebbe spuntare un'imputazione di danno erariale da parte della Corte dei conti. Così, nei prossimi giorni, a finire nel mirino potrebbero essere quelle società, soprattutto quotate, che hanno all'epoca versato gli importi maggiori, proprio perché da esse le verifiche avrebbero preteso i conti più salati. Tanto per fare qualche esempio, Enel aderì alla sanatoria versando 83 milioni di euro, Fiat 56 milioni, Impregilo 21, Finmeccanica, Telecom e Ubi Banca circa 10 milioni a testa. E così via