
«Liberalizzare è il giusto riconoscimento per un settore, quello delle professioni, che coinvolge ormai milioni di lavoratori. Rispetto all'interesse comune, non può prevalere né quello corporativo, né l'interdizione da parte delle lobby», ribadisce il presidente nazionale Lapet Roberto Falcone. «Liberalizzare vuol dire rimuovere gli ostacoli inutili alla concorrenza, migliorare la qualità dei servizi, restituire la competitività internazionale ai professionisti italiani, offrire alle nuove generazioni l'opportunità di costruire il loro domani nel mercato del lavoro in un regime di meritocrazia. Finalmente si sta comprendendo che professionista non è solo colui che è iscritto ad un ordine, ma che esiste un'altra faccia della medaglia, ben più ampia, che va valorizzata. È il momento di fare emergere rapidamente professioni divenute ormai vitali per l'economia italiana». Il dl 138/11 prevede un intervento in materia di professioni all'insegna della liberalizzazione, coerente con la realtà. Ribadire la libertà nell'accesso e nell'esercizio alle professioni oggi è un segno importante, così come lo è il principio di libera concorrenza, garanzia stessa della qualità del servizio in quanto saranno le capacità e la professionalità a far valere le competenze del professionista.
Altri aspetti di rilievo, riguardano il compenso spettante al professionista che è tenuto a informare per iscritto il cliente sull'onere dell'incarico, questo nel rispetto del principio di trasparenza.
E ancora l'obbligo per il professionista di stipulare un'assicurazione contro i rischi professionali.
«In questo siamo stati lungimiranti, i nostri iscritti, a tutela del cliente, infatti sono tutti coperti da idonea polizza assicurativa, gratuita poiché a carico dell'Associazione per gli eventuali rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale, così come per l'attività formativa obbligatoria e la disciplina dell'apprendistato», ha ricordato il presidente della Lapet.
Infine l'art. 3 si prefigge di rimuovere le inutili restrizioni che affliggono l'esercizio professionale, da abrogare entro quattro anni dall'entrata in vigore del decreto.
«È necessario giungere all'abrogazione di tutte le indebite restrizioni all'accesso delle professioni e all'eliminazione delle riserve professionali che non rispondono ai requisiti previsti dalla normativa comunitaria», conclude Falcone. «Tutto ciò che non è espressamente riservato dalla legge deve restare libero. E le previsioni del citato art. 3 possono senz'altro centrare l'obiettivo».