
Il Tesoro italiano ha annunciato a fine anno che ammontano a circa 95 miliardi i capitali sanati dallo scudo fiscale e ha riaperto le operazioni di rimpatrio fino ad aprile 2010, assicurando che «il termine è ultimo e definitivo». La manovra per il rimpatrio dei capitali è, però, il terzo provvedimento di questo tipo per l'Italia. «In un mondo dove non c'è più il segreto bancario, se si faranno scudi fiscali in futuro saranno quantomeno inefficienti», sottolinea Padoan. Grazie anche all'attenzione portata sui paradisi fiscali dalla crisi, il gruppo dei Venti ha aumentato la scorsa primavera la propria pressione sulle giurisdizioni non cooperative e, sotto la minaccia di sanzioni, ha spinto paesi come Lichtenstein, Lussemburgo e Svizzera ad adeguarsi alle norme per la collaborazione fiscale a livello internazionale. «La questione rilevante non è tanto di far rientrare fisicamente i capitali e farli rimanere in un paese quanto di sapere dove stanno e avere e attuare accordi bilaterali con i singoli paesi che consentano di avere informazioni su cittadini che si pensa evadano il fisco», dice Padoan. «Sta all'Italia stabilire trattati bilaterali e attuarli, mentre la sfida dal punto di vista di Ocse è il monitoraggio della firma e dell'applicazione di questi trattati». A causa di tensioni legate allo scuso fiscale, lo scorso novembre la Svizzera aveva bloccato i colloqui in corso con le autorità italiane per un accordo sulla doppia imposizione.